Maurizio Belpietro per “la Verità”
ITALO BOCCHINO E MAURIZIO BELPIETRO
Ieri ho scoperto che Alfredo Romeo, l' imprenditore campano al centro dell' inchiesta Consip che rischia di travolgere Matteo Renzi e il Giglio magico, oltre a corrompere i vertici della centrale di acquisto della pubblica amministrazione, sperava di riuscire a condizionare La Verità. Nei brogliacci dell' indagine condotta dalla Procura di Napoli prima, e da quella di Roma poi, spuntano infatti anche il nome del sottoscritto e del giornale che insieme ad altri colleghi ho fondato il 20 settembre 2016, dopo essere stato licenziato con l'accusa di antirenzismo dal quotidiano da me diretto in precedenza.
Alfredo Romeo, attualmente in carcere, e Italo Bocchino, ex parlamentare di An che dopo aver perso il seggio a Montecitorio si è riciclato come consulente dell' imprenditore al centro dello scandalo, intercettati parlano della Verità.
L'onorevole che fu al servizio di Gianfranco Fini, quando questi decise di muovere guerra a Silvio Berlusconi, suggerisce al suo nuovo datore di lavoro d'investire nel nostro quotidiano, aggiungendo che il sottoscritto sarebbe un giornalista «pericoloso», intendendo, ne deduco, che sia meglio controllarmi da vicino per impedire che io possa scrivere ciò che vedo e ascolto.
GIANFRANCO FINI E ITALO BOCCHINO
Nei brogliacci si parla anche del libro I segreti di Renzi che insieme a Giacomo Amadori e Francesco Borgonovo ho scritto a proposito del sistema Renzi, delle sue ampie zone grigie e degli strani affari del babbo dell'ex presidente del Consiglio.
Gaetano Quagliariello, senatore e fondatore del gruppo Idea, dice a Bocchino e Romeo che, se non sarò fermato in tribunale, quel libro farà saltare il governo Renzi, perché scoperchia una serie di relazioni e di interessi poco chiari tra Denis Verdini, Luca Lotti e vari imprenditori, tra cui la famiglia Angelucci, proprietaria di Libero.
Non so su che cosa si fondasse il convincimento del senatore Quagliariello. So che a impedire che un libro facesse cadere il governo Renzi, prima che provvedessero gli italiani al referendum del 4 dicembre, ha provveduto la maggioranza degli organi di informazione, intesi come giornali e tv, che ha imposto il silenzio stampa sui fatti gravi descritti nel volume. Ma torniamo a noi e a Romeo.
Come ho già raccontato, dopo essere stato estromesso da Libero per aver pubblicato i guai giudiziari del babbo di Matteo Renzi e del babbo del ministro Maria Elena Boschi, ho pensato di dar vita a un giornale indipendente. La spinta principale l'ho avuta da Giampaolo Pansa, il quale, due giorni dopo il mio licenziamento, mi disse: «Se fai qualche cosa», inteso come un altro giornale, «io vengo con te, altrimenti accetto l'offerta di un altro quotidiano. Una cosa è certa: io a Libero non resto». Dunque mi misi a cercare finanziatori per la nuova iniziativa, investitori che però dovevano avere una caratteristica particolare: rinunciare a fare i padroni, cioè accettare di non condizionare in alcun modo la linea del giornale, neanche con i loro affari e le loro relazioni.
Debbo dire che in due mesi ho girato l'Italia e ricevuto una montagna di promesse, mentre di soldi non ne ho visti. Alla fine, pur di dare vita alla Verità, il capitale per partire l'ho messo io, racimolando i risparmi di una vita. In totale 300.000 euro. Nessuno con un grammo di cervello pensava infatti che un giornale di carta potesse stare in piedi nel 2016, mentre l'editoria registrava perdite di decine di milioni. E quelli che lo pensavano preferivano sostenere Renzi e la sua Unità piuttosto che il sottoscritto.
Nel corso del mio pellegrinaggio alla ricerca di finanziamenti ho visto, come detto, parecchi imprenditori e ho ricevuto molte promesse e anche qualche offerta. Una di queste me la fece Gaetano Quagliariello, un vecchio amico dimessosi dal governo pur di non sostenere il Rottamatore. Il senatore avrebbe voluto che io diventassi il portavoce del comitato per il No al referendum. Ma, com'è noto, faccio con passione il mestiere di giornalista e non ho intenzione di intraprenderne un altro.
Dunque declinai l'offerta, spiegando a Quagliariello quali fossero i miei progetti in campo editoriale. A questo punto il senatore si offrì di darmi una mano, sostenendo l'idea di un giornale indipendente, svincolato dalla politica e dagli affari, attraverso la sua fondazione Magna Charta. Ed è qui che probabilmente ha cercato di infilarsi Alfredo Romeo nella speranza di condizionare, anche all'insaputa di Quagliariello, La Verità. Finanziando la fondazione, Romeo - non so se per conto di Matteo Renzi o di altri - contava di ammorbidire un giornalista ritenuto «pericoloso» da Bocchino e partner.
Sta di fatto che se questo era il gioco, se c'era l' intenzione di tappare la bocca a me e ai miei colleghi come si era fatto a Libero, il disegno non è andato in porto. I brogliacci dell' inchiesta di Napoli e Roma testimoniano, riportando la prima pagina del 6 novembre scorso, che La Verità è stata la prima a rivelare la fuga di notizie sull' inchiesta che vede ora al centro il babbo di Renzi e il Giglio magico.
Così come svelano la preoccupazione di Bocchino e di Romeo per ciò che i «pericolosi» giornalisti della Verità potrebbero scrivere. Non so se Romeo abbia versato oppure no un contributo a Magna Charta, ma so che, indipendentemente dalla presenza della fondazione nell' azionariato della Verità, nessuno dei finanziatori dell' ente ha mai influito sulle nostre scelte redazionali, né mai potrà farlo dato che la maggioranza assoluta è nelle mani mie e dei principali collaboratori di questo giornale.
INCHIESTA CONSIP - IL PIZZINO STRAPPATO
Del resto, la prova lampante che né Romeo né nessun altro sia riuscito a tapparci la bocca è data dalle prime pagine della Verità in questi cinque mesi e mezzo. Siamo infatti tra i pochi giornali a non aver taciuto l'inchiesta Consip, il ruolo di Romeo e i legami con il Giglio magico. Siamo tra i pochi che qualcuno voleva comprare per farci tacere. E di questo, vorrete perdonarci, ci facciamo un punto d' orgoglio. In un Paese dove ogni giorno siamo costretti a prendere atto sono sparite le notizie scomode, noi le abbiamo sempre date.
Anni fa Pansa scrisse un libro sullo stato della stampa in Italia. Il titolo si chiamava Comprati e venduti. Alla Verità, quotidiano indipendente, siamo orgogliosi di non essere né comprati né venduti. Semmai oggetto di vari assalti. Tutti respinti. A comprarci, bastano i lettori.