1 - LA FESTA POP DA MALGIOGLIO AL «PORCA...»
Laura Rio per “il Giornale”
alessandro cattelan, laura pausini, mika 8
Ma chi l'ha detto che l'Eurovision Song Contest è diventato «cool»?
Sembra di stare in una sagra di paese all'ennesima potenza, anche se con imponenti scenografie e coreografie.
Comunque, in attesa dell'esibizione di stasera del Volo, con collegamento virtuale perché Gianluca è positivo al Covid, agli italiani è piaciuta: 27% di share e 5 milioni e mezzo di spettatori per la prima semifinale di martedì. Ecco il peggio (o meglio) del trash.
SUL PODIO I NORVEGESI
Forse hanno sbagliato show, pensavano di andare al Cantante mascherato. Sono i Subwoolfer (gioco di parole tra altoparlante e lupo), rappresentano la Norvegia e hanno pure passato il turno di martedì e quindi li vedremo in finale. Vanno in giro in smoking e con maschere da lupo e non rivelano la loro identità. Per capirci: Give that wolfa banana («Date a quel lupo una banana»), il brano con cui gareggiano è l'unica canzone del loro repertorio, visto che hanno creato la band solo l'anno scorso. Il riferimento è alla storia di Cappuccetto Rosso. Chissà che arrivi un cacciatore per squartarli...
DALL'INGLESE Al «MALGIOGLIESE»
Cristiano è stato il reuccio della serata televisiva di martedì: traduceva Mika, Pausini e Cattelan nel suo personale italiano. A ogni paese che veniva annunciato, esclamava: «Ho avuto un fidanzato in Croazia». «E uno pure in Svizzera», Alla prima cantante apparsa, l'albanese Ronela, ha sparato: «Io denuncerei lo stilista». Insomma «amore, adoro, sono pazza dite...».
OMAGGIO INVISIBILE ALLA CARRÀ
Quasi nessuno si è accorto del tributo alla nostra star planetaria. Sarebbe stato meglio non farlo: 28 secondi netti in cui i tre presentatori hanno accennato «Fiesta». Indignazione generale sul web.
alessandro cattelan, laura pausini, mika 7
IL SOLE CHE NON GIRA
Sghignazzi social perché il sole super tecnologico della scenografia non si muove mentre si esibiscono i cantanti. Ma dicono gli organizzatori - è una scelta tecnica dovuta ai tempi stretti. Si muove solo nelle parti di show.
I RUTTI E I «PORCA»
In una sagra ci stanno alla perfezione. A Mahmood è scappato qualcosa di più di un singhiozzo in conferenza stampa mondiale. Ma tanto lui e Blanco più che rispondere ai giornalisti sonnecchiavano e sbruffavano. Ah le star... La nostra Laura nazionale invece sfoggia per due ore e mezza un perfetto inglese e poi, alla fine, si lascia scappare un «porca vacca» sonoro. E, per giustificarsi, fa peggio: «Scusatemi sono italiana».
LE MOLESTIE
Dopo la denuncia di alcune hostess di essere state infastidite nell'after party di domenica alla Venaria Reale ad alto tasso alcolico, il comune di Torino prima ha fatto sapere di non aver notato nulla di strano, poi ha avviato un'indagine. Nessuna scusa, dunque, almeno per il momento.
2 - IL PREFISSO EURO FA MIRACOLI
Michele Serra per “la Repubblica”
Per gli italiani attempati come me, l'Eurofestival della canzone (oggi Eurovision, oh yeah) era, nel secolo scorso, un evento davvero molto minore, però già di culto tra gli appassionati del trash quando ancora non si sapeva che si chiamasse trash. Nato a Lugano nel '56 (e si è detto tutto), trasmesso in differita, fin dai tempi del bianco e nero, a tardissima ora, lo si guardava per ridere crudelmente di cantanti ciprioti, maltesi o svizzeri, con considerazioni sull'abbigliamento, la pettinatura e il repertorio oggi irriferibili, perché grondanti body shaming, e anche country shaming, culture shaming e ogni possibile forma di sghignazzo provinciale sul provincialismo altrui.
alessandro cattelan, laura pausini, mika 6
Oggi è con autentica meraviglia che valutiamo il clamore mediatico, il glamour, il gran successo di Eurovision. Detto senza alcuna ironia, il poderoso salto di livello di una manifestazione a lungo negletta e spernacchiata significa che il prefisso "euro" è diventato un valore aggiunto, qualcosa che aggiunge prestigio e importanza. Magari, tra le righe, qualche pacchianeria proveniente da Paesi che non dirò (siamo tutti fratelli!) ancora trapela.
Ma nel complesso, l'Eurovision sembra una festa vera, e veramente europea nello stile complessivo, che non è più un improbabile collage di ugole locali, e da sagra locale, ma un insieme sempre meno definibile secondo le vecchie categorie nazionali. Le frontiere sono effettivamente più lasche, i costumi (anche quelli di scena) più simili. Viene addirittura il sospetto che l'Europa esista per davvero, e un poco ci si vergogna di avere tanto riso, da giovani, dei cantanti ciprioti e maltesi.
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