Antonello Piroso per "La Verità" - Estratti
Il free speech è bello. Finché è il mio. Fa francamente cadere le braccia, per tacer d’altro, la vicenda di Christian Raimo, e cucuzzaro al seguito, con tanto di mobilitazione «democratica e antifascista» e annessa raccolta fondi (oltre 16.000 euro in poche ore...) per compensare il taglio al suo stipendio del 50% come effetto della sospensione dalla docenza per tre mesi.
Breve flashback. Raimo, insegnante e scrittore, candidato per Alleanza Verdi e Sinistra alle Europee, identifica nel ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, «un bersaglio debole» da colpire «come si fa con la Morte nera in Star Wars». Non solo: «Penso non sia difficile colpirlo perché ciò che dice è così palese, evidente, arrogante, cialtrone, lurido, che è facile vederlo». In precedenza su Facebook lo bolla come «impresentabile, la sua idea di scuola è lurida e pericolosa», per poi descriverne «l’ideologia» come «un precipitato di razzismo, classismo e cialtroneria».
Ora Raimo si dice «traumatizzato». Dalla sanzione «sproporzionata».
(...) Anche perché: «Non ho mai detto lurido a Valditara (e cara grazia..., nda), ma che tutto ciò che dice (tutto? nda) è lurido». Ah, be’.
Ma a colpirmi nella sua autodifesa è un altro passaggio: «Vorrei capire la ragione per cui se un docente esprime una critica al governo al di fuori della scuola, può essere sospeso».
E qui casca il Raimo. Che non vede (o finge di non vedere) le estreme conseguenze cui porta il suo ragionamento. Perché non statuire, allora, che qualunque opinione di un funzionario pubblico, purché illustrata fuori dall’orario e dal luogo di lavoro, non è mai censurabile, essendo tutelata dall’articolo 21 della Costituzione, che sancisce la libertà di espressione e, di conseguenza, quella di manifestarla liberamente? Il docente fuori dalle aule scolastiche. Il magistrato fuori dalle aule di tribunale. Il militare fuori dalla caserma. Davvero tutti loro possono esprimersi come meglio credono nei confronti delle istituzioni, di cui pure fanno parte, senza che alcuno possa sindacarne neppure il linguaggio?
E, uscendo dal perimetro pubblico: siamo proprio sicuri che un prete in corteo per il diritto all’aborto e contro il Papa non sarebbe sospeso a divinis? Che un giornalista, il cui nome compare in un appello che fotografa il quotidiano (oppure il tg) per cui lavora come, che so, una «fogna», o il direttore o l’editore come «impresentabili cialtroni», rimarrebbe impunemente al suo posto? Scommetto che però Raimo avrà applaudito il ministro della Difesa, Guido Crosetto, quando, nell’agosto 2023, dettò un comunicato nei confronti del generale Roberto Vannacci, dopo la pubblicazione del suo Il mondo al contrario: «Il generale ha espresso opinioni personali che screditano l’esercito, la Difesa e la Costituzione repubblicana. Per questo sarà avviato l’esame disciplinare previsto».
Risultato? Vannacci fu sospeso (anche in questo caso, per me giustamente). Solidarietà di Raimo al generale, almeno ex articolo 21? Non pervenuta. E a proposito dell’art. 21: guai a chi lo tocca. Ma se la libertà che esso riconosce non avesse limiti, non esisterebbero i reati che puniscono la diffamazione, il turpiloquio, la calunnia, il vilipendio.
Perché il sacrosanto diritto di critica, ha sempre ribadito la Cassazione, va esercitato con «continenza». Come non ha fatto la professoressa Elena Nonveiller del liceo Marco Foscarini di Venezia, che ha esondato sui social: «Frecce tricolori di me...». Ma era uno sfogo, suvvia: «Non le tollero, per l’inquinamento acustico».
Aggiungendo poi, a mo’ di pezza: io «adoro Sergio Mattarella», che da capo delle forze armate, ex art. 66 della Costituzione, avrà apprezzato il soave motto di spirito. Ultima considerazione. Un insegnante è anche un educatore. Se un professore contesta così, perché non riconoscere la stessa prerogativa agli allievi, tollerando che i medesimi possano pesantemente apostrofare - «eh, ma mica a scuola», «eh, ma solo sui social» - i loro maestri?
Il punto è che, grazie ai tanti esempi in cui si rivendicano i diritti ma si ignorano i doveri, i ragazzi già lo fanno. Per loro il mancato rispetto dell’autorità è una variabile indipendente dalle punizioni, convinti che ogni loro atto rimarrà privo di conseguenze. Celebre l’episodio dei due studenti «promossi con il 9 in condotta dopo aver sparato pallini alla professoressa» (titolo del Sole 24 Ore).
(...)
Ps. Dal sito Artribune.com, 2019: «Qual è la cosa migliore che puoi fare quando sei consulente di una manifestazione? Ovviamente sputtanarla pubblicamente a pochi giorni dall’inaugurazione! Così ha ben pensato di fare Christian Raimo. Scrivendo, sostanzialmente, che il Salone del libro di Torino stava dando troppo spazio a personalità sovraniste e neofasciste e snocciolando una autentica lista di proscrizione di giornalisti a cui dare meno spazio e da epurare: Alessandro Giuli, Francesco Borgonovo, Pietrangelo Buttafuoco, Francesco Giubilei e così via». Una presa di posizione fascista, verrebbe da dire applicando i paradigmi di Raimo a Raimo, ma transeat.
christian raimo - l aria che tira christian raimo