Estratto dell'articolo di Stefano Giani per il Giornale
giuseppe tornatore foto di bacco (2)
Nuovo cinema Tornatore. Fotogrammi dal paradiso. Crocevia di arte e poesia, sequenza ininterrotta di immagini che uniscono passato e presente. Più di ogni altro, il regista siciliano - al quale è stata dedicata una retrospettiva alla recente Mostra del cinema di Pesaro che nel 2024 sarà capitale della cultura - è l'autore che ha lavorato con l'industria e i criteri di uno ieri percepito come lontanissimo.
Addirittura perso nella valle dei tempi. Allo stesso modo, ha saputo però adattarsi all'era postmoderna, restando abilmente un passo indietro alle deformi e malandate espressioni di tanti film che faticano a trovare una propria identità individuale e un posto nel panorama della cinematografia internazionale. L'autore siciliano si identifica così con un mondo che non esiste più, proponendo però temi e spunti che hanno trovato, nei decenni, una personale chiave di sviluppo e sempre viva attualità.
giuseppe tornatore david di donatello.
Dal paradiso di un cinema ricavato in una chiesa fatiscente ai pensieri di una Sconosciuta, dalla voce lontana e perduta di un pianista sull'oceano al ritratto di una Bagheria a metà del Novecento fino alle lettere di un uomo assente ne La corrispondenza. Storia e vita si mescolano con tratti autobiografici in un percorso sincopato e ricco di bruschi cambi di direzione che forse poi tanto violenti non sono. Anche se lo sembrano.
(...) Nuovo cinema paradiso era il film personale che volevo rinviare. Pensavo di farlo come quarto o quinto, per avere più esperienza. È stato un azzardo».
Un successo più che un azzardo.
«Pensi che all'inizio non fu applaudito. Lo giudicarono lungo e prolisso. Ho deciso di tagliarlo di una decina di minuti ma abbiamo dovuto aspettare il passaggio a Cannes perché fosse capito».
Una delusione cocente, all'epoca.
«In realtà non avevo mai pensato di fare qualcosa di grande. Era importante per me perché era la mia vita».
Raccontava il suo passato di proiezionista al cinema di Bagheria.
«E ci tenevo talmente tanto che rinunciai perfino a tutti i miei compensi. Mi bastava farlo. Se questo non è stato un tradimento dei miei propositi».
Poi qualcosa guadagnò.
«Franco Cristaldi, mio produttore di allora, rimase sbigottito e nel contratto dispose una piccola partecipazione ad eventuali utili per me. Il film fu un successo e recuperai ciò cui avevo rinunciato».
E arrivò l'Oscar.
«…che quella sera strappai di mano proprio a Cristaldi (ride)».
Come, rubò la statuetta?
«Mi avvertirono che lui andava famoso per anticipare la consegna. Così a me sarebbe toccata la copia. Invece, quella sera, salii per primo sul palco e la copia andò a lui».
Primato da velocista.
«Il record mondiale fu il mio discorso. È rimasto il più sintetico nella storia degli Oscar».
Come mai?
ENNIO - DOCUMENTARIO DI TORNATORE
«Il conduttore sbagliò a leggere il vincitore e ci fu un attimo di disorientamento. Poi si corresse e io ebbi solo il tempo di dire Thank you. Il trionfo finì lì».
Che cosa le resta di quel film?
«Tutto. I ricordi di un tempo. La sala con la gente che fumava, l'omino che vendeva bruscolini, il pubblico che restava in sala con i bambini per due o tre spettacoli, le donne che allattavano mentre guardavano il film».
Sapori.
«La parte di pellicola con la gelatina. Mi insegnarono a leccarla per distinguerla ma presto imparai a riconoscerla allo sguardo. Era più opaca, il retro invece era lucido. E finalmente smisi di mangiarla».
E odori
«La colla per unire i tagli, quella che tutti definivano acetone solo perché sapeva di aceto. Ma non era vero. Nel film, ho cercato di riprodurre tutto questo».
(...)
Che sensazione ricorda di quella sera a Los Angeles?
«Fu come fare la prima comunione che non ho mai ricevuto».
Niente sacramenti per lei?
«Non fu una scelta ideologica. Mio padre era un anticlericale che militava nel Pci, mia madre e mia nonna erano molto religiose».
(...)
Nozze civili, forse.
«Ah sì, certo. Io e mia moglie convivevamo già da tempo, lei mi convinse e io posi una sola condizione: che non ci fosse nessuno».
A parte i testimoni, ovviamente.
«Esatto, due soli. Ennio Morricone e gentile signora».
giuseppe tornatore foto di bacco
Il documentario è stato l'atto di amore per un amico.
«Eravamo molto intimi e ci frequentavamo con le famiglie. Un rapporto bello e forte nato però da motivi professionali».
Una prospettiva confidenziale che s'intuisce dalle prime scene dove l'indimenticato musicista faceva ginnastica
«Erano esercizi che facevamo insieme, distesi sul tappetino con i piedi sul muro di casa sua».
Però purtroppo non fece a tempo a vederlo finito.
«Vide solo la prima imbastitura di un'ora con i buchi neri per gli inserti. E rimase toccato dalle immagini del suo maestro».
Che cosa le disse?
«Hai fatto bene a metterle. Poi si commosse. L'unico rimpianto è non essere riuscito a farglielo vedere finito. Ne ha visti tanti, tranne quello che lo riguardava direttamente».
«Ennio» non è il suo unico documentario. Che cosa le piace di questo genere?
«Dà una libertà che il cinema non può dare. La sceneggiatura di tante storie non si può modificare se non in piccoli punti. Il doc è un lavoro in divenire».
È il film che le è costato di più come emozione?
«Ognuno mi ha regalato qualcosa. Il camorrista fu l'esordio. La notte precedente al primo ciak non chiusi occhio».
Ma è vero che all'epoca lei girò pure una serie tv che non andò mai in onda?
eugenio scalfari giuseppe tornatore
«Verissimo. Aveva lo stesso cast e i medesimi protagonisti. Non fu mai trasmessa perché il film ebbe disavventure giudiziarie e i produttori decisero di non voler correre altri rischi. Ora è riemersa dai cassetti e presto apparirà ma non so ancora bene dove. Ero in anticipo sui tempi».
E fu tra i primi film di Reteitalia di un rampante Silvio Berlusconi. Che rapporti aveva con lui?
«Non ci siamo mai conosciuti di persona. Ma tengo a dire che è stato corretto e non ha mai fatto pressioni o critiche. Nemmeno quando Medusa produsse Baaria».
Si disse che era comunista.
«Si dissero tante cose non vere. A cominciare da questa e dagli strali di Berlusconi. Tutte falsità. In Baaria avevo ricostruito il mio quartiere settant'anni dopo, in modo pignolo e puntiglioso».
(...)