Estratto dell'articolo di Andrea Silenzi per www.repubblica.it
20 settembre 1969. A poco più di un mese dalla loro esibizione a Woodstock, Crosby, Stills, Nash & Young affrontano il loro primo tour. Young è entrato da poco nel gruppo, che ha esordito pochi mesi prima con un album epocale […]. Il gruppo è il manifesto della West Coast, peace & love in diretta dal Laurel Canyon. Da poco è stato pubblicato Live at Fillmore East, registrato nel leggendario locale di New York. Di lì a poco i quattro incideranno Déjà vu, uno dei dischi più importanti della storia del rock. A Graham Nash, 82 anni, è affidato il racconto di quell’epopea leggendaria.
crosby stills nash and young a woodstock
[…] A proposito di Woodstock, mentre eravate su quel palco avevate intuito che stavate facendo la storia?
«In un certo senso sì, con gli Hollies avevo suonato in diversi festival ma nessuno di quelle dimensioni. Ricordo in particolare la mia voce che armonizzava con quella di Crosby mentre lui suonava la chitarra. Fu lì che pensai che ce l’avevamo fatta».
Perché non voleva Neil Young nel gruppo?
«Non avevo idea di chi fosse, ovviamente sapevo che era un bravo autore di canzoni e un bravo cantante, ma non ero sicuro di poter diventare suo amico. Avevo bisogno di passare un po’ di tempo con lui per capire qualcosa. Abbiamo pranzato in un ristorante a Manhattan: era molto divertente, molto modesto e alla fine l’ho guardato negli occhi e gli ho detto: “Perché dovremmo offrirti di entrare in questa band?”. Lui ha risposto: “Hai mai sentito me e Stephen suonare la chitarra insieme?”. Lì ho capito molte cose. E dopo quell’incontro, per me era ok che Neil si unisse».
Nella sua biografia racconta di tanta cocaina e sesso.
«Era la mia vita. Quando abbiamo iniziato con il gruppo non c’era egocentrismo tra noi, credo fosse anche per la molta cocaina che usavamo. Però abbiamo trovato tanta eccitazione nella musica stessa, eravamo una band nuova di zecca, è uno dei motivi per cui eravamo così eccitati dalla vita. Sapevamo di avere qualcosa di positivo da dare al mondo: avevamo le canzoni».
I vostri litigi però sono iniziati ai tempi di “Déjà Vu”.
«Quando abbiamo iniziato io stavo con Joni Mitchell, Stills era legato a Judy Collins e Crosby era felice con la sua compagna Christine. Un anno e mezzo dopo, il mio rapporto sentimentale e quello di Steve erano naufragati e Christine morì in un incidente d’auto. David ne soffrì in modo atroce. Déjà vu era un disco più dark rispetto al precedente perché le nostre vite personali erano molto cambiate».
“Our house” è la sua canzone manifesto, oltre che un inno generazionale. Come è nata?
«Ero andato a fare colazione con Joni Mitchell a Los Angeles. Mentre rientravamo in auto ci siamo fermati davanti alla vetrina di un antiquario. Joni si è innamorata di un vaso molto economico, l’ho spinta a comprarlo. Arrivati a casa ho acceso il fuoco, lei è andata in giardino a prendere dei fiori per il vaso, mi sono messo al pianoforte e in un’ora è nata la canzone. È il racconto di un’esperienza semplice, vissuta da tante persone».
Ha qualche rimpianto?
«I miei unici rimpianti sono di non essere stato accanto a mio padre e mia madre quando sono morti. Per il resto, la vita è fatta di scelte. Tutto ciò che ho fatto nella vita mi ha portato a essere quello che sono e mi sento incredibilmente fortunato». […]
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