Estratto dell'articolo di Andrea Emmanuele Cappelli per “Libero quotidiano”
Se vuoi esser qualcuno osa qualcosa che ti meriti il carcere; l’onestà la si loda, però visi gela. La folgorante sentenza del poeta romano Giovenale, che nelle sue Satire scandaglia con morbosa accuratezza l’abisso putrido in cui sguazzano eunuchi corrotti e improbabili parvenu della Roma imperiale, risuona potente in ognuna delle 152 pagine di Instadrama (Gog edizioni, euro 15).
Romanzo breve e tagliente con cui C. Palis- pseudonimo di un autore dall’identità sconosciuta – rivela una a una tutte le metastasi della società contemporanea, un circo scintillante e grottesco dove l’unico talento richiesto a saltimbanchi e giocolieri moderni è quello di trasformare, in maniera cinica e furba, la propria volgare mediocrità in un prodotto d’intrattenimento-spazzatura, svuotato di qualsiasi contenuto autentico.
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IL GESTO ESTREMO
Raggiunto il culmine della frustrazione, il protagonista (antieroe decadente di cui la nostra epoca ha assoluto bisogno) decide di compiere un gesto estremo: rapire il figlio della coppia più famosa e potente in Italia, quella formata da un super influencer recentemente candidatosi a sindaco di Milano e una cantante di successo, che partendo dalla periferia ha rinnegato i suoi valori per vendersi al mercato.
Aldilà del ribaltamento di ruoli e di qualche dettaglio accessorio, è facile riconoscere i profili glitterati dell’influencer Chiara Ferragni e del rapper Fedez nei genitori del bambino, che il protagonista sottrae alla loro custodia in un pomeriggio qualunque, mentre i due sono distrattamente impegnati a scattare selfie in un parco del quartiere milanese CityLife.
L’azione criminale del giovane è l’innesco di un disturbo ossessivo-compulsivo che, in un delirio di coprolalia e libere associazioni, fa sì che la sua mente venga invasa da migliaia di scorie provenienti dall’immaginario trash dell’universo web e televisivo: bavaglio/Marco Travaglio; trans/Luxuria/Vladimir Putin; peggio/Ezio Greggio; tutto/Totti: scarabocchi/Noemi Bocchi e così via (e qui torniamo alla forma che aderisce al contenuto).
Una slavina che finirà per travolgere ogni cosa, scatenando una reazione a catena dagli esiti a metà tra il grottesco e il rivoluzionario. L’obiettivo del rapitore è chiaro, e l’esecuzione del suo piano finirà col mettere a nudo i meccanismi del successo in un’epoca terminale come quella in cui ci troviamo a vivere.
Sfruttando la fama della coppia di influencer come un parassita, attraverso il rapimento del bambino lo scrittore diventerà a sua volta un personaggio famoso, con un profilo Instagram da milioni di follower e con le case editrici che faranno a gara per contendersi gli stessi romanzi che un tempo avevano bellamente ignorato.
A incidere, infatti, non è la qualità di un’opera letteraria (o di una canzone, un saggio, un articolo di giornale) ma la visibilità personale del suo autore, il vero prodotto usa e getta, a basso costo poiché provo di valore intrinseco, di cui si nutre il mercato. D’altro canto, come rileva il protagonista in uno dei passaggi più feroci del suo “diario del rapimento”, «per vendere e essere ammesso nel sistema devo diventare nero, come gli elfi, come gli hobbit o diventare gay, oppure fare di tutto per beccarmi I’AIDS, vestire i panni del nuovo Jonathan Bazzi, e spacciare la mia malattia per talento letterario». O per dirla in altri termini, altrettanto efficaci, «in un tempo squallido è possibile diventare grandi solamente facendo cose meschine».