DAGONEWS
Si chiamano lavoratori dello spettacolo dal vivo, e tali voglio o rimanere. Hanno scritto al sindaco Beppe Sala, presidente del teatro, una lunga lettera. Nella prima parte si chiede di riaprire subito i laboratori di sartoria per cucire camici e mascherine. In effetti nei laboratori Scala lo spazio è ampio e sarte specializzate a realizzare barocchi abiti per Don Giovanni e madamine varie a cucire un camice bianco con due nastrini e due asole ci metteranno sì e no cinque minuti. “Sarebbe una immagine molto forte per tutto il mondo”, dicono.
Ma tutto il sale è nella coda della lettera. I lavoratori dei comitati di base della Scala vogliono tornare al lavoro e bocciano la strategia intrapresa da altri teatri di mettere in scena spettacoli davanti a un solo spettatore e trasmetterli in diretta via streaming. Chiedono, al contrario, di riaprire il teatro facendo entrare il 50% degli spettatori, tutti mascherati e previo prova della temperatura all’ingresso da parte di maschere-infermiere.
“Non siamo uno studio televisivo ma il teatro più importante del mondo - scrivono - e senza il pubblico non c'è opera e senza l'opera non ci sono emozioni , non c'é arte e dunque l'essenza del nostro lavoro. Si potrebbe ricominciare con un gran concerto come fece Toscanini alla riapertura nel dopoguerra, oppure dopo un graduale inizio , per una volta e del tutto eccezionalmente il 2 giugno, in occasione della festa della repubblica, un gran concerto alla presenza del presidente Mattarella”.