LETTERA
Caro Dago, molto divertente la ribollita di Aldo Grasso, uno che si fa pagare due volte lo stesso pezzo.
Antonio Padellaro
1. ELOGIO DELL'«UMARELL», ULTIMO TESTIMONE DEI VALORI DI UNA VOLTA
Aldo Grasso per il Corriere della Sera
Elogio dell'umarell. Si deve all' antropologo Danilo Masotti la consacrazione fenomenologica del pensionato che, mani dietro alla schiena, ama guardare i cantieri, discutere con gli operai, dispensare suggerimenti non richiesti: l' umarell (ometto), appunto. Dentro ognuno di noi alberga lo spirito dell' umarell (i lavori della metropolitana che stanno sconvolgendo molte strade di Milano sono accompagnati dagli sguardi vigili di centinaia di umarells), tanto che ormai il pensionato che osserva per criticare il lavoro degli altri è parte dello scenario urbano e mediatico.
I talk show, per esempio, sono pieni di umarells. La ragione è presto spiegata. Salvo rari casi (per esempio, Marco Travaglio è «gettonato» a presenza con il logo del suo giornale dietro la schiena), i talk non pagano le presenze in studio. Forse neanche il rimborso taxi. Perciò sono molto frequentati dai politici (andare in tv è il loro mestiere), da ospiti che hanno qualcosa da promuovere, da esibizionisti e da umarells.
Fateci caso: l' umarell (non è termine spregiativo, è solo una condizione dello spirito) esiste innanzi tutto perché ha molto tempo a disposizione, al limite del fancazzismo. Nel suo perenne smarrimento, è trasversale (in una giornata può farsi anche tre talk: mattino, pomeriggio e sera), è fatalmente logorroico ma mai divisivo (si tratta pur sempre dello spettacolo della parola), è conservatore (anche se dichiaratamente di sinistra).
CHECCO ZALONE UNIVERSITA ALDO GRASSO
L' umarell, infatti, è l' ultimo testimone dei valori di una volta, estremo baluardo contro la mancanza di decoro della discussione civile. A volte, ripiegato su sé stesso, confonde l' eleganza con la piaggeria, ma non importa. Che funzione svolge dentro un talk? Di riempitivo, verrebbe da dire.
Ma non è così. L' umarell è l' essenza stessa del talk show, la sua garanzia di sopravvivenza. C' è un momento della vita, infatti, in cui la passione si esalta con la pensione.
PARIETTI E PADELLARO: L’ECCESSO DI PRESENZA GENERA L’EFFETTO «UMARELL»
Aldo Grasso per il Corriere della Sera - pubblicato 9 marzo 2017
Una puntata molto interessante, quella di «Otto e mezzo», per capire alcuni meccanismi dei talk show, del loro modo di affrontare problemi complessi. Lilli Gruber aveva invitato Alba Parietti, Antonio Padellaro e Claudio Cerasa per dibattere un tema non facile: «Grillo e la nuova egemonia culturale» (La 7, mercoledì, ore 20.35).
La questione era stata sollevata sul Corriere da un editoriale di Angelo Panebianco: una classe politica sulla difensiva non riesce a contrapporsi alla propaganda dei Cinque Stelle, anzi la subisce, e le fornisce la possibilità di imporre a una parte dell’opinione pubblica una propria egemonia culturale. Un argomento così fondamentale e complesso come lo si affronta in tv? Comincia Cerasa spiegando che la cultura del sospetto e un’agenda politica dettata dalle procure favoriscono questa egemonia.
davide vecchi con antonio padellaro
Padellaro la prende più da lontano, parte da Giuseppe Saragat per attribuire tutte le colpe a Renzi. Ma qui si genera una prima distorsione. Padellaro, beato lui, è in pensione ed è molto spesso gradito ospite di molti talk. La sua continua presenza genera l’«effetto umarell». L’«umarell», in emiliano, è il simpatico pensionato che passa da un cantiere all’altro per criticare il modo in cui si lavora (sia chiaro, in ognuno di noi alberga un «umarell»).
L’eccesso di presenza esaurisce il credito. Alba è «donna di sinistra», tendenza anarchica. È d’accordo con Cerasa e Padellaro ma si sente più vicina a Papa Francesco e a don Gallo. Dice che ha votato «no» al referendum. Altra distorsione, effetto «Ballando con le stelle» (la trasmissione cui Alba sta partecipando). L’eccesso di presenzialismo fa sì che Alba si diletti a fare quel che potrebbe fare se lo sapesse fare. Addio tema cruciale, addio Panebianco! Giornali e tv sono ancora due mondi differenti e forse, senza moralismi, per la politica dovremmo usare di più una categoria introdotta da Massimiliano Panarari: l’egemonia sottoculturale.