Gino Castaldo per “la Repubblica”
L’impatto zero è il Santo Graal delle nuove generazioni in musica. Vorrebbero tutti suonare, radunare folle, esplodere di luci e suoni, ma senza produrre emissioni nocive, rimanendo invisibili all' ecosistema.
Possibile? Nel dubbio dicono i Coldplay, meglio stare a casa. L' annuncio di oggi non lascia margini: basta tour, finché non saremo sicuri della loro totale eco-sostenibilità. Non sono i primi a preoccuparsi dell' ambiente, non saranno gli ultimi, ma il passo in più è quello della rinuncia totale. La spinta della generazione Greta chiede un impegno nuovo, non più rimandabile, e la musica non può certo rimanere indietro.
Tutto è cominciato più o meno all' alba del nuovo millennio, da quando qualcuno formulò una domanda molto semplice: belli i concerti, per carità, irrinunciabili, esaltanti, ma non sarà che questi giganteschi kolossal dello spettacolo, così amati anche per la condivisione di valori di pace e progresso, possano risultare alla fine altamente inquinanti? È bastato fare due conti e scoprire che la contraddizione è innegabile. I grandi concerti sono una macchina infernale, hanno un impatto devastante. Uno studio del 2007 stimava che solo in Italia la musica dal vivo produceva quasi tre milioni di tonnellate di Co2.
Nel mondo le proporzioni sono impressionanti. Hanno fatto le pulci anche ai grandi festival, scoprendo che solo nei giorni di Glastonbury venivano lasciate a terra qualcosa come un milione e trecentomila bottigliette di plastica, tanto da spingere gli organizzatori a vietare nell' edizione di quest' anno i prodotti non riciclabili.
In molti hanno cercato risposte. I Radiohead pretendevano addirittura di arrivare in treno ai concerti in location comodamente raggiungibili da mezzi pubblici. Il seme verde è germogliato, creando situazioni a volte bizzarre. C' è chi come i Tetes de bois organizza concerti a pedali, con un piccolo luna park di biciclette che fanno da dinamo e generano elettricità, ma questo ovviamente riguarda piccole situazioni, altrimenti si ricorre ai pannelli fotovoltaici, si calcolano le emissioni e ci si impegna a piantare alberi per pareggiare i conti. Il problema se lo stanno ponendo in molti, il coro sommesso rischia di diventare un' orchestra. Marco Mengoni ci ha provato, ha organizzato 5 date in luglio del tour Fuori Atlantico, in luoghi adatti alla sfida, per tentare di avvicinarsi il più possibile all' orizzonte mitico dell' impatto zero.
Jovanotti, per il suo tour sulle spiagge, ha progettato col Wwf un piano di quasi totale riciclo dei rifiuti, avvicinandosi al 97% del totale. Le bottigliette di plastica consumate nei concerti sono state raccolte, ridotte in filamenti adatti a essere trasformati in magliette sportive che sono state regalate proprio ieri ai Comuni che hanno ospitato le date del tour. Ma soprattutto, dice il Wwf, col tour di Jovanotti potrebbero essere stati seminati 600.000 semi di buonsenso, uno per ognuno degli spettatori coinvolti.
Altri lo fanno finanziando organizzazioni militanti.
David Gilmour ha regalato i 21 milioni di dollari ricavati dall' asta delle sue chitarre a ClientHeart lo studio legale non profit che si batte per le cause dell' ambiente.
Ci vuole un esempio forte, dicono i Coldplay, ognuno deve fare la sua parte, e per loro l' esempio è non suonare. Spegnere la musica per accendere delle luci verdi, e il sorriso di Greta.