Estratto dell’articolo di Gabriele Niola per www.esquire.it
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Esiste una linea diretta che collega il lavoro di Roberto D’Agostino su Dagospia, specialmente la parte di scoop sugli intrecci tra potere politico, imprenditoriale e salottiero romano, e questo documentario da lui scritto insieme a Marco Giusti e poi diretto da Daniele Ciprì.
È la linea che passa per il cafonal, cioè il racconto che D’Agostino da decenni fa dei nuovi ricchi, degli aspiranti nuovi potenti, della corte che gira intorno alla politica, all’imprenditoria e alle sale del potere romano, e che si mostra nelle feste, negli eventi e soprattutto al buffet. Tutta una parte di Roma santa e dannata infatti spiega l’importanza della tavola, del mangiare e dell’arte del rinfresco nel consolidamento e nella maniera in cui si tramanda il potere a Roma.
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Per arrivare a questo il documentario procede per gradi con una chiarezza e una dovizia di esempi, racconti e testimonianze centrate che lo rendono da subito accattivante.
La tesi principale è che Roma è una città pagana e che proprio attraverso questo stile di vita pagano gestisce e organizza il potere politico ed economico.
Si parla di party, di sperperi, di donne a pagamento, di ristoranti, cocaina e di tutto quello che è il lato edonistico che si intreccia di continuo con quello sacro e che contribuisce a tenere saldo il potere.
Il racconto degli anni di Silvio Berlusconi in questo senso non è il centro ma il culmine di un processo (e di nuovo, di racconti) che inizia negli anni Settanta ma che si intuisce venire da ancora più lontano.
[...] È chiaro che quello raccontato da Roma santa e dannata è solo uno dei possibili spiriti della città, uno che non esce tanto dalle persone per strada, come vuole lo stereotipo del cinema, ma dalle forze che la animano, dalla notte e dalle spinte diverse che si tengono in una strana forma di equilibrio.
Come quando Vladimir Luxuria racconta dei parlamentari che andavano di nascosto al Muccassassina o di come la loro prima sede (la discoteca Castello) sia poi diventata la sede dell’ufficio stampa del Vaticano in occasione del Giubileo del 2000.
LA REDAZIONE DI DAGOSPIA - FOTO DI BACCO
È lo spirito del vizio e dell’indolenza che travolge, come racconta Massimo Ceccherini, provinciale pieno di soldi, masticato dalla città fino a orari improbabili ogni notte. Ma è anche quello che vedeva Carlo Verdone uscendo la sera con Christian De Sica in locali frequentati da Alain Delon.
La parte più sorprendente di Roma santa e dannata è però come nel complesso esca un racconto così vivido e reale (per quanto è sempre bene ricordare che non è possibile stimare quanto i racconti che vengono fatti dai reali protagonisti possano essere affidabili) che è sia legato a un’immagine classica da antica Roma, quella degli eccessi e del vizio, del mangiare e del sesso insieme, sia lontanissimo dal più grande dei luoghi comuni attraverso il quale è raccontata Roma, cioè l’indolenza.
Dago e Giusti - Roma, santa e dannata
La Roma di Roma santa e dannata, è una città che non dorme mai, nei cui locali a tutte le ore c’è qualcuno di noto, in cui si esce sempre e in cui la voglia di far festa è inesauribile. Una città in cui perdersi, tentacolare come le metropoli americane, in cui esistono locali notturni che aprono alle 7 del mattino.
E la vitalità che fuoriesce da questi racconti riesce ad essere al tempo stesso contagiosa (perché in parte arriva con il filtro dei ricordi di gioventù) e infernale. D’Agostino, Giusti e Ciprì sono riusciti a creare un racconto degli ultimi 40 anni italiani attraverso una realtà molto particolare, quella della vita notturna di Roma, che spiega molto di quel che è avvenuto in questi anni, lo inquadra e lo contestualizza riuscendo anche nell’obiettivo che preme di più a D’Agostino: mettere sotto i riflettori quello di cui si è sempre occupato, dimostrandone l’estrema centralità.
dago e daniele cipri roma santa e dannata
locandina di roma santa e dannata
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