Giuseppe Gaetano per www.corriere.it
Succede che spettatori divertiti e intrattenuti in centinaia di pomeriggi e serate, dimentichino in fretta l’allegria ricevuta e scherniscano il volto noto quando questi, dismesse le vesti del divo, torni a indossare la divisa semplice dell’uomo comune, con tutte le sue asperità quotidiane. Scendere tra i mortali è per il personaggio famoso un male, per cui deve solo piangere se stesso.
È successo a una sfilza di attori e showman, non poteva non ripetersi con Gianfranco D’Angelo, forse il più noto dell’elenco. Il mattatore che per decenni è entrato nelle nostre case si tira fuori dalla guerra tra poveri e puntualizza con il garbo e l’educazione di un signore di 82 anni, il senso delle recenti interviste rilasciate a Domenica Live e Spy — che hanno turbato i social — in cui fa presente che, dopo tanti film e varietà, si aspettava più di 2.000 euro mensili di pensione Enpals.
D’Angelo, ma se la passa davvero così male?
«Assolutamente no. È seccante quanto ho letto su alcuni giornali, che hanno distorto le mie parole. Non è vero che ho detto di esser povero e soprattutto non mi lamento. Non sono in rovina, dico solo che la pensione che prendo non mi permette di godermi quello che ho costruito. È ovvio che sto meglio rispetto a chi prende 400 euro al mese, ma io ho lavorato per 60 anni. Sessant’anni in cui mi sono fatto in quattro tra Rai, Mediaset, spettacoli e programmi. E c’è chi con 4 anni e 6 mesi porta casa un vitalizio da 6.000 euro».
La cosa che ha più indispettito gli utenti è che parlasse dalla casa al mare in Sardegna: non può venderla o affittarla?
«Ma perché? Ci ho messo tanto per farmela, ho faticato tanto. La gente può dire quello che vuole ma non sarebbe giusto: possibile che neanche negli ultimi anni di vita si possa godere anche di qualche piccola soddisfazione oltre alla sussistenza? Ripeto: non sono in miseria, ma in proporzione a quello che ho dato mi sembra molto poco. Poi se si vuole fare polemica...».
E quindi deve continuare a lavorare...
«Lavoro innanzitutto perché mi piace, non per i soldi. Certo, quelli non bastano mai. Ma non solo a me, a tutti. Sono anch’io un papà e un nonno. Ho due nipotini piccoli e due figlie, che lavorano per carità, ma senza il mio contributo avrebbero delle difficoltà economiche. E con la sola pensione che percepisco non potrei aiutarle, come fanno tutti i genitori».
Basta tasse a chi le paga da 60 anni: poteva essere una misura da inserire nella manovra del governo?
«Secondo me a una certa età, basta. Abbiamo già dato. Tra Irpef, Imu, Iva, Tari e quant’altro siamo subissati dalle tasse. Non è possibile continuare a pagarle tutte, superati gli 80 anni e con 60 anni di contributi versati. Sì, onestamente pensavo che avrei preso di più di pensione, tutto qua».
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