Da https://www.professionereporter.eu
Cortesie fra giornalisti. Il tema sono le conferenze stampa trasformate, talvolta, in interviste.
27 aprile, Greta Privitera, collaboratrice del Corriere della Sera, pubblica un intervista -domande e risposte- con il vice premier della Moldavia, Nicu Popescu, sulla situazione nella Transnistria filorussa.
28 aprile, Tonia Mastrobuoni, corrispondente de la Repubblica da Berlino, su Twitter attacca: “Questa non è un’intervista anche se il @Corriere l’ha vestita così. È una conferenza stampa alla quale ho partecipato anche io, oltre a decine di altri giornalisti. Un appello: aboliamo le finte interviste? Che ne dici @GretaPrivitera?”. Giovanni Armanini ribatte: “Nuovi generi letterari”. E Mastrobuoni: “Purtroppo antichissimi, caro Gio”.
A questo punto, in difesa di Privitera, interviene Davide Frattini, corrispondente dal Medio Oriente del Corriere. Rivolgendosi a Mastrobuoni, twitta: “Beh antico almeno fino al 2012, quando un incontro con Papandreou – dov’è c’eravamo tutti (Sole, Repubblica + 4 giornali stranieri) e credo quindi si possa definire conferenza stampa – diventò questa tua “intervista”. Citando un’intervista di Mastrobuoni sulla Stampa all’ex premier greco Papandreu.
Risponde Mastrobuoni: ”Non ho mai camuffato una conferenza stampa da intervista. In quel caso concordammo un incontro in pochi con Papandreou. Le interviste in più colleghi stranieri si fanno regolarmente, una conferenza stampa è proprio un’altra roba”.
Sempre 28 aprile, anche Privitera aveva twittato: “Cara collega, cosa non si capisce dell’attacco: ‘Popescu ha convocato un incontro con la stampa’? Nessuno l’ha spacciata per intervista esclusiva. In più, dopo l’incontro, ho parlato con il portavoce che sento dall’inizio della guerra e che mi ha fatto fare altre domande”.
Mastrobuoni: “Non erano le tue domande, ma quelle di decine di colleghi. In tutti i giornali seri del mondo, in tutte le agenzie che ieri hanno ripreso le sue dichiarazioni non ce n’è uno che l’abbia mascherata da intervista. Smettiamola di fare i furbi, once for all”.