Mario Landi per leggo.it
Tante storie sentimentali alle spalle. Fra cui tre flirt con altrettante presidi. Tutte più grandi di lui, quando allora più di trent'anni fa era uno studente «dall'aria tra il ribaldo e il bravo ragazzo». La storia di Luca parte da un liceo alla periferia Est della Capitale. Se oggi questo 56enne, imprenditore agricolo, parla di quei giorni tra «emozione e amore» «è solo perché la vicenda della preside romana mi colpito».
Perché?
«I media hanno emesso la sentenza in fretta: senza freni, dubbi, remore, sensibilità, rispetto. Eppure non c'è un'indagine penale, ma solo un accertamento ministeriale. E tanto vociare pruriginoso»
Mentre con le sue tre presidi?
«Tutto diverso. C'era stata intesa, simpatia, rispetto, sesso. In un caso anche amore».
La sua prima storia?
«È una roba a parte, dato che non successe nulla. Eppure è la più importante. Era la prof d'inglese della mia classe che ricevette l'incarico di vicepreside vicaria».
Che anno era?
«1985. Agosto. Tre settimane prima avevo passato la maturità, sognavo l'Accademia di Modena e serviva una buona conoscenza dell'inglese. Chiesi alla prof un aiuto e lei, all'indomani, mi invitò a casa alle 8.30 di mattina».
Ci andò?
«Spaccai il secondo».
Per l'inglese?
«(Ride) È stata indimenticabile. Straordinaria, due lauree: Lettere e Lingue. Una bellezza sensuale, ricordava la Carrà. Ci aveva seguito dal primo anno e ci portò al quinto, mamma dolcissima e insegnante rigidissima. Le ero simpatico, era chiaro: mi telefonò il giorno prima della maturità per farmi gli auguri e al mattino venne persino a vedermi».
Di quella «lezione» cosa ricorda?
«Suonai, mi aprì in camicia da notte trasparente, pantofole da casa e un profumo che non si scorda, tra mare e pineta. Sui libri restammo poco, sedemmo sul divano parlando quattro ore...».
Solo parlando?
«Sì, ero di un'ingenuità pazzesca, una specie imbranato Dustin Hoffman ne Il Laureato. Mai vista da vicino una donna sino a quel momento . Discutemmo di innamoramento, ma tutto ruotava attorno a una questione: un diciottenne potrebbe avere una storia con una donna molto più grande di lui? Ci giravamo attorno...».
Quindi?
«Tre ore di seduta psicanalitica, uno stream of consciousness da mal di testa. Io dicevo sì, lei scuoteva la testa...».
Arrivaste al dunque?
«Mentre la convincevo, squillò il telefono. Era mia madre che voleva sapere che fine avessi fatto. Stavo troppo in ritardo per pranzo. E lei aveva capito tutto, preoccupata...».
La prof?
«Divenne gelida in un istante. Mi disse che forse era il caso che andassi, mi accompagnò alla porta e mi chiese: Ora racconterai a tutti i compagni di classe che ti ho accolto in babydoll, vero?».
Lei che rispose?
«Sbottai così: Non lo farò mai perché sono innamorato di te. La vicepreside arrossì. Si avvicinò e disse: Non posso permettermelo, scusa e mi congedò con un bacio tra labbra e guancia che non posso dimenticare».
Le altre storie?
«L'età era diversa, ero attorno ai 25 anni, avevo un lavoro che mi metteva in contatto con le scuole. Ma il ricordo che è di tutte è il medesimo: prof di lettere, grande cultura, donne appassionate dell'insegnamento. Non si sceglie quell'incarico se non c'è entusiasmo».
Alla preside romana che direbbe ora?
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«Di tutelarsi il più possibile, è lei la parte lesa. Per il mainstream dell'informazione, cartacea e online, è già colpevole: le sue foto stanno facendo il giro dei social, con commenti da bar e da caserma. Non mi è piaciuto il fatto che siano state pubblicate le immagini degli insulti tracciate sui muri del liceo. Del quale secondo me nemmeno si doveva pubblicare il nome. Una gogna ingiustificabile. Anzi: incomprensibile».
E del ragazzo che idea si è fatto?
«Non voglio giudicare e non lo faccio, ma l'audio chi lo ha tirato fuori? Ora mi ronzano in testa quelle parole della mia prof d'inglese: ora dirai a tutti del baby doll vero? No, non lo feci, mi fermai un attimo prima. Ci fermammo assieme un attimo prima. Quello che dovrebbe fare la stampa in questa brutta storia».
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