Marco Giusti per Dagospia
Svegliatevi voi che siete in lutto perché avete finito “La regina degli scacchi”, lo so che vi è piaciuto, dai, e svegliatevi voi più o meno giovani ragazze che lavorate nell’editoria a contatto con editor e direttori editoriali maschi di ogni tipo.
E guardate questa divertentissima e già di culto serie svedese femminista appena uscita prodotta da Netflix, “Amore e anarchia”/”Love and Anarchy”, otto puntate corte, cioè da una trentina di minuti l’una, scritte e dirette dalla svedese Lisa Langseth, già autrice di un non brillantissimo “Euphoria” con Alicia Vikander e Eva Green, interpretato dalla stupenda Ida Engvoll, ma dovete aspettare la quinta puntata per il suo strepitoso e liberatorio nudo frontale, e dal giovane Bjorn Mosen.
Lei, Sofie, appunto Ida Engvoll, è una consulente editoriale aggressiva appena entrata in una casa editrice vecchio tipo creando scompiglio e mal accettata dal direttore editoriale parruccone e poco anche dalla editor di punta un po’ troppo lgbtq. Bella, bionda e in ultracarriera, Sofie sembrerebbe una donna felice e arrivata.
Due figli, un bel marito dotatissimo sotto le mutande, un po’ meno come regista, visto che sogna di essere Ruben Östlund, il regista di “The Square”, un po’ un gioco visto che lo interpreta Johannes Kuhnke, già protagonista di “Force Majeure”, proprio uno dei capolavori di Östlund. Ma Sofie ha qualche problema, visto che appena può, anche la mattina mentre i ragazzi fanno colazione, tira giù le mutande e si masturba in bagno guardando un film porno al cellulare. Perché?
Certo, un po’ di follia le viene dal vecchio padre anarchico che odia il mondo capitalistico svedese dove si muovono proprio lei e il marito, e da nonno ha trasmesso le stesse idee alla nipotina. La sua follia viene subito colta Max, cioè Bjorn Mosen, ventenne informatico che lavora a tempo determinato nella casa editrice. Proprio Max ha visto Sofie che si masturba in ufficio col solito porno pensando di non essere vista. L’ha fotografata, ma non la ricatta.
Romantico, la invita a un gioco che permetterà, soprattutto a lei, di uscire da una vita finta che probabilmente non ama. A turno, ognuno di loro, farà qualcosa di assurdo sul luogo di lavoro. Prove sempre più complesse. Come camminare per un giorno all’incontrario. Fare il ruolo del direttore.
Un gioco che si svilupperà in qualcosa di profondamente conturbante per entrambi, portando lei a mostrarsi nuda nella piscina dell’albergo di Francoforte dove alloggiano durante il salone del libro, e lui a drogare il vecchio direttore editoriale parruccone con successivo scandalo.
Il tutto mentre la casa editrice, con tutti i suoi autori un po’ impolverati, sta per essere comprata da una piattaforma di streaming alla Netflix, che ha già prodotto, massacrandolo, uno dei romanzi di culto che hanno pubblicato che svelava la storia fascista della Svezia.
Ma la vecchia autrice di sinistra è ben contenta di essersi venduta al capitalismo e di potersi comprare così una villa a Antibes. Mettiamo nella storia anche i problemi riguardanti il #metoo e i vecchi autori sporcaccioni che mandano le foto del loro pisello in giro alle giovani scrittrici, un autore popolare che ha massacrato la sua ex con un libro scandalo come se fossimo al Grande Fratello Vip.
In questi duri tempi di lockdown, devo dire che questa serie che combina qualcosa di “Mad Men” con il “Toni Erdmann” di Maren Ade, è un divertimento intelligente che ci libera dalle troppe serie americane che ci stiamo sciroppando. E il ritratto della casa editrice a metà tra vecchiumi vari, il libro sul centenario di Ingmar Bergman con pochi racconti piccanti, e nuovi temi, le storie lesbo, ecc, è davvero riuscito.
love and anarchy ida engvoll ida engvoll8 love and anarchy