SIETE PRONTI PER LO “SMART CINEMA”? I FILM DEL FUTURO AVRANNO TANTE INQUADRATURE - E SARANNO QUELLE SCELTE DALLO SPETTATORE CON LO SMARTPHONE - SI TRATTA DI TECNICHE GIÀ USATE PER LA REALTÀ VIRTUALE - ECCO QUALI SONO…

All' inizio credo che lo spettatore nemmeno si accorgerà subito che il mosaico che ha davanti è in realtà parte di un' unica narrazione. Il paragone con il teatro funziona abbastanza bene, girando film a 360 gradi il regista ha idea di quel che vuole trasmettere ma non controlla lo sguardo dello spettatore né la sua esperienza che finirà per essere personale...

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Jaime D' Alessandro per “la Repubblica”

 

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Il cinema a del futuro? Non ha inquadratura. O meglio: ne ha tante, quelle che preferite. È un mondo che prende vita attorno allo spettatore, grazie ad un sistema di ripresa a 360 gradi. Si può muovere lo sguardo usando come finestra lo schermo dello smartphone: punti il telefono sul protagonista, poi lo muovi per osservare un passante. Ogni angolazione è possibile orientando il telefono in alto, in basso, a destra e a sinistra. E per ciascun punto di vista scelto, c' è un diverso fuoricampo. Lo potete chiamare cinema 2.0, cinema interattivo, smart cinema.

 

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Di fatto stravolge la grammatica di un' arte nata centovent' anni fa e che ora regala allo spettatore quel che fino a ieri era una prerogativa del regista e del suo operatore. L' ennesima disintermediazione.

 

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Il progetto, della divisone Advanced Technology and Projects (Atap) di Google, ha un sapore singolare. Perché le potenzialità sono così tante che il vero fuoricampo diventa la propria immaginazione. Dopo aver visto il primo cortometraggio, si comincia a fantasticare di film dalle storie multiple che si intrecciano in un solo luogo, un film che si può riguardare più e più volte. C' è sempre un altro personaggio da seguire o un dettaglio che prima era sfuggito. Per certi versi somiglia alla realtà virtuale, le tecniche usate sono in parte le stesse, solo che in questo caso non serve un visore da cinquecento euro e poi i nomi coinvolti hanno una diversa caratura.

 

L' idea è di un signore nato a Praga nel 1963, Jan Pinkava, "padre" di Ratatouille della Pixar e premio Oscar per Il gioco di Geri . Dirige lui questa strana orchestra intitolata Spotlight Stories , app gratuita all' interno della quale vengono pubblicati i vari cortometraggi.

 

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A Google lo ha chiamato Regina Dugan, che prima di sovraintendere ai progetti di Atap è stata l' unica donna ad aver guidato la Darpa, agenzia del Dipartimento della Difesa statunitense nota per aver posto il primo mattone per la costruzione della rete. «Al tempo, era il 2012, Google aveva appena acquisito Motorola» , ricorda Pinkava con quell' energia solare endemica in certe aree della Silicon Valley.

 

«Vennero da me e, porgendomi uno smartphone, mi dissero: vorremmo che creassi qualcosa di emozionate per quest' apparecchio. Poco dopo, in una stanza qui a Mountain View, ci chiedevamo quale forma potesse avere la narrazione su un dispositivo del genere. Tutti ne abbiamo uno, è pieno di sensori di movimento, strumenti, tecnologia avanzata che spesso non viene sfruttata. E allora pensammo: perché non fare un film dove la camera da presa la diamo agli spettori? Sembra un controsenso: se il punto di vista si può muovere, come fai a raccontare una storia?

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Potrebbe capitare che invece di seguire il protagonista, qualcuno si fissi su un passante o su una persona che si affaccia alla finestra. Eppure, proprio per questo, si aprono possibilità incredibili». Forse è un modo di fare cinema che non sarebbe piaciuto a Yasujiro Ozu né a Michelangelo Antonioni. E chissà cosa sarebbero diventati, in mano allo spettatore, i campi lunghi di John Ford, i primissimi piani e i dettagli di John Huston e di Sergio Leone. Dove si sarebbe appuntata l' attenzione nel piano sequenza che apriva L' infernale Quinlan di Orson Welles o quello senza fine di Birdman di Ale-jandro González Iñárritu. Per non parlare di certe scene iconiche di Alfred Hitchcock.

 

«Strano a dirsi, ma è proprio da Hitchcock che siamo partiti », ci spiega Peter Lord con il suo accento inglese. Il cofondatore della Aardman, la stessa di Galline in fuga e Shaun the Sheep , nomination all' Oscar per Wallace & Gromit - La maledizione del coniglio mannaro , ha una voce gentile ed esitante che sembra spegnersi su certe parole ma che poi d' improvviso si accende e diventa velocissima fra ironia e suggestioni. Sta realizzando Special Delivery che uscirà a fine 2015.

 

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«È nato pensando a quel che lo spettatore avrebbe guardato se si fosse trovato nei panni di James Stewart ne La finestra sul cortile. Ci sono due protagonisti, due vicende, ma in teoria potrebbero essere cinque o dieci. Tutto si svolge nel cortile di un palazzo, palcoscenico di piccoli camei comici che fanno da corollario alle due storie principali.

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All' inizio credo che lo spettatore nemmeno si accorgerà subito che il mosaico che ha davanti è in realtà parte di un' unica narrazione. Il paragone con il teatro funziona abbastanza bene, girando film a 360 gradi il regista ha idea di quel che vuole trasmettere ma non controlla lo sguardo dello spettatore né la sua esperienza che finirà per essere personale. Non sappiamo nemmeno se Special Delivery sarà una sinfonia confusionaria o meno. È una sfida, è un terreno completamente nuovo, ed è accidentato».

 

Altrove, sempre con telecamere a 360 gradi, hanno realizzato documentari come Hong Kong Unrest sulle proteste nell' ex colonia inglese o The Nepal Quake Project sul terremoto a Katmandu e con la voce fuoricampo di Susan Sarandon. Si trovano su You-Tube e basta cliccare con il mouse per far girare la visuale in qualsiasi direzione. Presto accadrà anche per i cortometraggi di Spotlight Stories , che dai quattro attuali diventeranno otto entro fine anno sbarcando poi sul web. Nel frattempo al gruppo di Pinkava si sono aggiunte leggende dell' animazione come Glen Keane, per trentasette anni alla Disney, e talenti del calibro di Patrick Osborne, Oscar nel 2015 per Feast .

 

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L' ultimo film, Help , è stato invece girato da Justin Lin, regista di alcuni capitoli di The Fast and the Furious . Fra i quattro è l' unico non d' animazione, ma tecnicamente è di gran lunga il più evoluto. Compresa la colonna sonora che cambia secondo le scelte fatte dallo spettatore. «Dal punto di vista produttivo tutto questo significa uno sforzo enorme anche se all' inizio volevamo convincerci del contrario», spiega ridendo Karen Dufilho, produttrice con una lunga esperienza alle spalle chiamata alla Atap sempre da Pinkava. «Ma siamo ancora all' inizio, il modello di business, il sistema di distribuzione, i possibili sviluppi sono ancora da definire. Di idee ne abbiamo tante, ma per ora sperimentiamo. E, per inciso, potrebbe anche non funzionare».

 

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Sharon Calahan, altra mente della Pixar e Oscar per le scenografie di Ratatouille due anni fa, durante un' edizione del festival torinese View dove quest' anno verranno mostrati i nuovi cortometraggi di Spotlight Stories , disse che l' unica vera libertà nel suo mondo non è tanto avere del tempo a disposizione ma poter sbagliare. Solo in quel caso riesci davvero a sperimentare. Proprio quello che stanno facendo Pinkava, Lord, Dufilho e i loro colleghi.

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