Stefano Landi per il “Corriere della Sera”
Sul palco ci sono due Paola Turci. L' artista di successo con 30 anni di carriera, ma anche la donna che nasconde tutte le sue insicurezze. «Avevo bisogno di smascherare un lato di me che stava prendendo il sopravvento», racconta Paola Turci, che dal 27 al 30 settembre porterà al teatro Menotti di Milano lo spettacolo, scritto con Alessandra Rucco, tratto dal suo libro Mi amerò lo stesso.
Un viaggio teatrale nato guardandosi allo specchio. Scavando tra i riflessi della cantante affermata per far venire a galla tutte le sue sosia non autorizzate. «Con autoironia mi sono guardata dentro. È stata una scoperta».
È stata soprattutto la chiusura del cerchio, dopo 23 anni di inconsapevole attesa. «Nel 1993 mi ero iscritta a un corso di teatro, un' esperienza incredibile. García Lorca, Shakespeare. A Roma feci anche un provino davanti a Ettore Scola: il sogno era recitare». Poi il 15 agosto di quell' anno, durante un tour estivo, rimane vittima di un incidente stradale sulla Salerno-Reggio Calabria. «Mi sono spaccata la faccia e quella porta si è chiusa».
È tardi quando Paola esce dal teatro dopo le prove. A una decina di giorni dal debutto sta imparando tutto il copione del monologo a memoria. «Al centro dello spettacolo c' è la ricerca della bellezza e della diversità». Nel 1988 si presentò a Sanremo con un brano intitolato «Sarò bellissima». «Ho sempre cercato di essere diversa. Da bambina chiedevo a mamma: "Sono carina?". E lei mi rispondeva: "Sì, sei normale"». Poi l' incidente ha ribaltato ogni prospettiva. «Da quel giorno ho iniziato a cercare quella normalità che da piccola rifiutavo».
La musica, poi il libro (uscito nel settembre di due anni fa), ora lo spettacolo teatrale.
«Vivo un bisogno spasmodico di raccontare i miei sentimenti e nello stesso tempo di chiedermi sempre il perché delle cose». Cambia il modo di dirlo e tutto cambia. «Col passare degli anni il formato canzone, con l' obbligo della metrica, ha iniziato a starmi stretto. Per questo ho cercato nuove forme narrative, che mi lasciassero uno spazio vuoto e aperto davanti».
Paola sta ascoltando una canzone di Sia. La segue sulle corde della sua chitarra, indispensabile interprete di ogni cosa che le succede. «Non ascolto musica nuova per cercare ispirazione, non vivo come un problema restare indietro rispetto ai generi del momento.
Semplicemente mi lascio colpire dalle canzoni. E spesso sono le artiste femminili a farmi riflettere. Oggi il meglio è Beyoncé: perché esprime valori importanti per una donna, ma lo fa in modo moderno, cool, senza essere pesante, senza ricamare su se stessa».
Anche l' universo rock invecchia bene. «Rolling Stones, come gli U2 o i Coldplay continuano a scrivere belle canzoni, magari cambiando i suoni, aggiungono dei coriandoli tecnologici. Ma sono dettagli: la sostanza artistica resta forte».
Come le basi del suo prossimo disco. «Ho una canzone molto forte, in cui credo molto. Vorrei portarla a Sanremo». E sarebbe la chiusura di un altro cerchio.
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