Paolo Giordano per “il Giornale”
Poi uno dice che una volta il pop era meglio. O, piuttosto, meno popular nel senso di popolano. Basta dare un'occhiata ai testi delle canzoni che girano e chiunque se ne può accorgere anche solo così, come impressione passeggera. Invece un blogger americano assai testardo, e un filo compiaciuto di esserlo, ha confezionato un'inchiesta che taglia la testa al toro, anzi al testo. Ha applicato, insomma, il test di Flesch Kincaid a 225 canzoni in inglese che negli ultimi dieci anni sono state in testa alla classifica di Billboard. Canzoni di ogni genere, dal pop al rock al rap al country. Che cos'è il test di Flesh Kincaid?
È una formula che serve a misurare quanto sia leggibile un testo inglese. In sostanza, qual è il suo livello di comprensibilità: più alto è, più il testo è «colto». È stato creato a metà degli anni Settanta e tuttora viene utilizzato da tante istituzioni americane, ad esempio dal Dipartimento della Difesa, per valutare la qualità di lettura dei propri documenti. Quindi non è una formuletta buttata lì a caso stile sudoku.
Bene, il risultato medio è sconfortante. Secondo l'ostinato blogger e la formula matematica che ha scrupolosamente applicato, la maggior parte dei testi più cantati/trasmessi/ascoltati/discussi nell'ultimo decennio ha un grado di complessità al livello di un bambino della terza elementare.
Oddio, non che il pop debba essere come la Treccani e avere la profondità di messaggio di Goethe o della Divina Commedia. Però un minimo non guasterebbe. Specialmente se si fa un confronto, come facciamo in questa pagina, tra un testo pop di successo del quale non ci dovremo vergognare tra un secolo (Let it be dei Beatles) e uno del quale possiamo sorridere già adesso, ossia Tik Tok di Kesha che, detto tra noi, è stato il brano più popolare del 2010 negli Usa. Quasi 13 milioni di copie vendute, più di qualsiasi altro in quell'anno.
Il confronto è impietoso e per carità sarebbe da omettere, se non altro perché la statura dei compositori ha unità di misura inconciliabili. Però tra «Ci sarà una risposta: lascia che sia» e «DJ, fa muovere le mie scarpe» c'è una certa differenza di significato e di spessore che va ben oltre il rilievo in classifica. Identifica un periodo e la sua involuzione se non altro perché quello di Kesha non è un caso isolato.
E se il livello medio del country è considerato il più alto tra tutti e quello di rap e R&B il più basso (inferiore alla terza elementare), sul podio dei più «basic» tra i testi più sconfortanti ci sono anche i Maroon 5 con Moves like Jagger, che ha il peggiore tra i loro testi peggiori, tutti globalmente inferiori all'asticella già bassa di tanto rap (anche se Eminem mediamente vola più alto di, per esempio, Kanye West).
Ma perché questo tracollo? Al di là dei numeri e della logica matematica, la propensione marginale alla sintesi, anzi l'obbligo di essere sintetici, «asciuga» il linguaggio, lo prosciuga, togliendogli ogni profondità spaziale e spirituale, sacrificate sull'altare di una comprensione immediata. Se non si capisce in tempo reale, un testo ormai non «passa». Sono supposizioni, per carità. Ma non è così difficile crederci.
E, anche se ci sono risultati sorprendenti (ma fino a un certo punto) grazie a All about tonight di Blake o (questo sì è sorprendente e basta) a Mariah Carey che supera per difficoltà anche i testi di Adele, il punteggio medio legittima ahimé il pensiero dei benpensanti, ossia che il pop è una roba da semi analfabeti, privo com'è di lirismo e incisività intellettuale.
E in Italia come va? Il test di Flesch Kinkaid è stato «adattato» anche per la nostra lingua da Roberto Vacca e Valerio Franchina, che ne hanno proposto due versioni, la prima nel 1972 e la seconda, più aggiornata, nel 1986. Ma forse è più difficile da applicare formalmente ai nostri testi perché l'italiano è più complesso e si arricchisce di metafore o figure allegoriche che il «peso» delle singole parole non rende nella loro complessità d'insieme.
Ma chiunque capisce che da un testo di Fabrizio De André o Francesco De Gregori o Paolo Conte e uno di qualche rapper di nuovissima generazione c'è un salto all'indietro abissale. E non conta tanto la differenza di statura culturale (che evidentemente c'è). Conta il prosciugamento delle richieste linguistiche e intellettuali attribuite a una canzone pop. Sarà colpa dell'anoressia sempre più evidente nell'uso della lingua. Oppure è semplicemente un segno dei tempi. Fosse così, mala tempora currunt.