Giancarlo De Cataldo per “la Repubblica - Robinson”
Scappavo. Dall'Inghilterra, dalla mia infanzia, dall'inverno, da una serie di storie poco belle e anche meno divertenti, dalle quattro carabattole e dagli straccetti messi e rimessi cui aveva finito per ridursi la mia vita a Londra; scappavo dalla monotonia, dall'aria decrepita di tutto quello che avevo intorno, dallo snobismo, dalla claustrofobia di orizzonti sempre un po' troppo vicini e dalla mia incapacità di usare le due gambe piuttosto bellocce che mi ritrovo per svignarmela. Insomma, scappavo praticamente da tutto, fuorché dalla legge » .
Incipit notevole. Lascia presagire un romanzo di formazione al femminile, con venature avventurose, se non picaresche. Bisogna tornare alla copertina - raffinatissima, come sempre - per rendersi conto che si sta maneggiando la nuova edizione adelphiana de La spia che mi ha amata. Il nono romanzo della serie di James Bond, l'agente 007 con licenza di uccidere.
E allora, viene da domandarsi, che diavolo c'entra questo autoritratto di fanciulla in fuga con il seduttore al servizio di Sua Maestà che da più di mezzo secolo alimenta i sogni di una sterminata platea di fan? È quanto devono essere chiesti i lettori di Ian Fleming allorché il romanzo fu pubblicato, nel 1962. Reazioni sconcertate accolsero questo Bond davvero sorprendente ( per molti versi).
AGENTE 007 LA SPIA CHE MI AMAVA
L'intera vicenda è narrata in prima persona da una giovane franco- canadese che i casi della vita hanno fatto approdare a uno sperduto motel nello Stato di New York. L'azione, vale a dire sparatorie, minacce, l'intrigo criminale, insomma, è concentrata in una sola notte di tempesta e Bond entra in scena a due terzi del romanzo.
AGENTE 007 LA SPIA CHE MI AMAVA 4
Romanzo controverso. Pare che Fleming abbia tentato di limitarne la circolazione. Sta di fatto che, in un'edizione successiva, era limitato a riprendere il diario della sua protagonista, Vivienne Michel. Un modo elegante per prendere le distanze dalla licenza poetica che aveva turbato gli ortodossi? E mettiamoci pure che il film La spia che mi amava, con un Roger Moore all'apice della sua affabile recitazione gigionesca e una Barbara Bach che in tanti considerano, ancora adesso, la più irresistibile Bond- girl, un blockbuster che al botteghino faceva a cazzotti con La febbre del sabato sera e la saga di Guerre Stellari, non ha nemmeno la più lontana parentela con il romanzo omonimo.
Sì, un altro modo di essere Bond, decisamente. Al punto che Umberto Eco, nel suo sulfureo saggio sulle strutture narrative in Fleming, non lo prende nemmeno in considerazione. Perché non solo è un Fleming diverso. È un Fleming che si mette a osservare con occhio critico e ironico la sua creatura, sino a ribaltare, in qualche punto, lo stesso canone. Si è detto che Bond è la quintessenza dell'English Style, un monumento alla superiorità dei Britons sul resto del mondo.
Ebbene, qui la vita londinese della giovane québecoise Vivienne è un incubo popolato da giovani arroganti, bottegai meschini, classisti con la puzza al naso. Gli inglesi ne escono a pezzi. Si è detto che Bond è un manicheo, un soldato dell'Occidente che la predetta superiorità del maschio bianco anglosassone mai si sognerebbe di rimettere in discussione.
Ebbene, qui compare un saggio poliziotto che spiega alla fanciulla ( ovviamente) sedotta: guarda che lui sta dalla parte giusta, certo, ma i metodi, quelli, non sono tanto diversi dai cattivi che lui combatte. E, soprattutto, quelli come Bond sono fredde macchine da guerra, i loro sentimenti sono passeggeri, ammesso che esistano, e legarsi a loro è la peggiore stupidaggine. E paradossalmente, dunque, riletto oggi, questo Bond anomalo ci appare come l'elegia che un autore maturo - forse mai così maturo - dedica all'altra faccia del mito: con affetto problematico, e la leggerezza di sempre, qui messa al servizio di una sorta di disvelamento dello stesso meccanismo narrativo.
E, infine, c'è lei, Vivienne. Un grande personaggio. Parte come una spaurita coniglietta nella giungla di maschi cattivi, paga un duro prezzo alla fiducia nel genere umano - specialmente maschile - e si trasforma, strada facendo, in una tipa tosta, pragmatica, sentimentale quel tanto che basta per tener testa all'avvenente spione, tutt' altro che sdolcinata: certo, Bond è quello che è, ma mica ci si deve necessariamente sposare, se ci sono attrazione e desiderio, sia benvenuto il sesso! L'evoluzione pre- sessantottina della Bond- girl: non sappiamo quanto consapevole, ma certo adorabile. Pronta a riprendere le strade della vita a bordo della sua Vespa ( che magnifici sapori degli indimenticabili anni Sessanta ci ha saputo restituire Fleming!) con la borsetta piena di traveller' s chèques e di sogni.
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