Emily Shire per “Daily Beast”
«Ti succhierò i capezzoli, li stringerò piano fra i miei denti, ti toccherò fino a farti aprire le gambe e i tuoi fianchi mi riceveranno totalmente...». L’estratto da “I Will Watch You” di Shosha Pearl è sensuale ma diverso dal tipico romanzo erotico venduto on line. «Spingerò più veloce, più a fondo, inarrestabile, finché non perdi il fiato e impazzisci. So che lo farai, chiamerai Hashem ancora e ancora». Nella Bibbia “HaShem” è Dio, "il Nome".
L’autrice è una delle poche che alla fine del volume mette il glossario ebraico/yiddish per spiegare termini come “chavruta” (compagno di studi), tzitzit (frangia rituale che indossano gli uomini), o tznius (le modestie sessuali). Lei stessa è ebrea ortodossa, seguace della “halacha”, il complesso delle norme codificate della legge ebraica che stabiliscono cosa si può e non si può fare (non si può ad esempio mischiare latte e carne ma un marito può fare un cunnilingus alla moglie).
Shosha Pearl scrive romanzi erotici dal 2012 e non è mai entrata in conflitto con la sua religione. Anzi, descrive la sua scelta come se Hashem le avesse fornito ispirazione divina: «Era un pomeriggio assolato, stavo sul balcone quando mi venne l’idea di scrivere, non romanzi erotici ma “frum erotica”». “Frum” è il termine che indica gli ebrei osservanti.
Si è cimentata nel genere dopo il successo di “Cinquanta sfumature di grigio”: «Il fatto che la gente leggesse un testo erotico sul treno o sull’autobus era intrigante» prosegue «Scoprii che molte mie amiche conservatrici lo stavano leggendo e se ne stavano appassionando. Notai che sul mercato c’era richiesta per libri erotici diretti a specifici gruppi etnici o religiosi e mi inserii». Ha creato storie che restano nei confini del suo credo e narra fantasie di adulterio, ma il sesso è sempre fra coppie sposate, che si incontrano al “mikveh”, il rituale bagno di purificazione. Le donne ci vanno dopo il periodo del ciclo mestruale. Le storie si conformano alle restrizioni e le lettrici si sentono al sicuro.
Pearl non è certo l’unica donna ortodossa a fare carriera parlando di sesso e mantenendo il tutto nell’ambito kosher. Maureen Pollack, ad esempio, ha inventato il “Water Slyde”, un “sex toy” a forma di scivolo che si attacca al rubinetto della vasca da bagno per mandare l’acqua nelle parti intime “che contano”. In fondo, prima di andare a purificarsi al “mikveh”, le donne devono pulirsi le labbra vaginali in casa.
Nessuna immagine esplicita sul sito in cui si vende, nessuna immagine spinta sulla confezione. E’ uno strumento così “pulito” e innocuo, che non di direbbe sia un giocattolo del piacere. Le donne lo comprano per i propri cari, madre, sorelle, cugine. Tutte clienti. Dice la Pollack «Non va contro la legge ebraica, se non sostituisce l’uomo, come fa un dildo o qualsiasi cosa a forma di pene».
Comunque dice sempre alle clienti di consultarsi prima con il rabbino, perché l’interpretazione cambia da rabbino a rabbino. Creare e vendere “sex toy” non è argomento specificato nella “halacha”, però per molti è un problema se la masturbazione la fa una persona non sposata. Non è un problema se invece si fa all’interno della coppia, per rendere più piccante il rapporto. La masturbazione femminile è una zona grigia nei testi ebraici.
Si parla di quella maschile con il biblico Onan che pratica il coito interrotto per non ingravidare, ma nel caso delle donne non c’è seme da disperdere quindi tutto tace. A seconda dell’educazione ricevuta, le ebree ortodosse sono più o meno legate all’idea di non disperdere il seme maschile. Il rifiuto di eiaculare fuori dalla vagina ha un forte impatto nella coppia, spesso per loro è difficile concepire l’atto sessuale come pratica non procreativa.
Rebecca Sigala è la fotografa ortodossa che offre sedute nel suo studio a donne religiose o laiche. Si tratta di scatti sexy, ma le clienti inizialmente si chiedevano: «Come posso postare questi scatti? Gli uomini si masturberanno, disperderanno il loro seme e io sarò la peccatrice». Molti uomini si lamentavano: le religiose non devono vestirsi da pornostar, sono come Miley Cyrus e perpetuano la cultura dello stupro. In alcune comunità ebraiche è vietato eccitare e tentare gli uomini. Ma ora il mercato funziona, le donne si fanno fotografare per se stesse, non per l’altro sesso. Oppure lo fanno per stuzzicare il marito.