Estratto dell'articolo di Massimo Calandri per “la Repubblica”
I Promessi Sposi del trio Solenghi Lopez Marchesini
“Beccàto, il mio Noschese da strapazzo”. La professoressa di chimica aveva voce stridula e gesti da marionetta, impossibile non prenderla in giro: ma quel giorno, i compagni di classe non ridevano. Molto strano. Tullio riprese a scimmiottarla con più impegno: niente da fare, tutti seri. Poi sentì qualcuno che da dietro gli batteva una mano sulla spalla. “Solenghi, venga con me dal preside”. Tre giorni di sospensione.
«Così è iniziata la mia carriera da imitatore. Ma mi esibivo anche con don Giorgio, il mio Pigmalione, una specie di don Milani, nelle gite della parrocchia al Santuario della Guardia: io padrone del microfono, in fondo al pullman». Tullio Solenghi (Genova, 1948), nato nel paesino di Sant’Ilario. «In casa, come succedeva allora. Cresciuto in un piccolo paradiso, dove tutti conoscevano tutti. Scendere a Nervi, per frequentare le scuole medie, fu come attraversare l’Oceano Atlantico».
A Sant’Ilario, da piccolo, conobbe Gilberto Govi. Un segno?
«Chissà. Lui era andato a pranzo al ristorante Lillo, io e altri bambini — con me c’era Egle, la nipote di Bartolomeo “Maciste” Pagano — corremmo a conoscere questo nonnino che alla fine degli anni Cinquanta interpretava delle scenette a Carosello, e noi si poteva restare svegli fino alle nove di sera a guardare la tv. Fu molto gentile: insieme al suo autografo mi regalò un piccolo ritratto: che peccato, l’ho perduto».
Giovane allievo del Teatro Stabile di Genova.
«Avevo 17 anni, uscì il bando e feci domanda: mi presentai coi primi versi di “A Silvia”, recitati in 5 dialetti differenti. Il grande Luigi Squarzina scoppiò a ridere: pensavo mi prendesse in giro, invece. Due anni di scuola d’arte drammatica, e 7 stagioni di Stabile.
Ma mi sembrava di fare l’impiegato, piccole parti senza riuscire a esprimermi e quando speravo in qualcosa di meglio ecco che qualcuno — arrivato da Roma — mi soffiava il posto. Vivevo in un piccolo appartamento di via Carrara con mia moglie, Laura: decisi di scrivere un pezzo di cabaret, lo recitai in casa davanti ad amici. Erano entusiasti. E così andai a Milano, in cerca di fortuna.
tullio solenghi massimo lopez e la parodia dei papi
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A Milano, provino al mitico Derby: il Tempio del cabaret.
«Convinco Gianni Bongiovanni, lo zio di Diego Abatantuono: però devo aspettare 3 mesi. Così finisco al Refettorio di via San Maurilio, accetto l’offerta del manager Silvio Scarfò che mi dice: “Lavorerai insieme a un altro genovese. Si chiama Beppe Grillo”. Io facevo un tempo, lui l’altro. E la sera, Beppe sospirava: “Belìn Tullio, abbiamo fatto ridere almeno il 70% del pubblico: due spettatori su tre”.Ogni tanto ci sentiamo: ma non parliamo mai di politica, solo di quei tempi».
Adesso ci vive lui, a Sant’Ilario.
MASSIMO LOPEZ TULLIO SOLENGHI ANNA MARCHESINI PROMESSI SPOSI
«Il mio paese. Trasformato in un letargo per ricchi».
In quel locale milanese vi scoprì Pippo Baudo.
«Finisco in tv a fare Luna Park : con Massimo Troisi e la Smorfia, Enzo Beruschi, Heather Parisi. Ma ero un tipo irrequieto, insoddisfatto. Accetto di fare una trasmissione su Radio2 dagli studi di Genova: Helzapoppin , col mitico Arnaldo Bagnasco. E propongo di far venire due amici: Massimo Lopez, Anna Marchesini».
Il Trio. La storia della televisione italiana. Tre edizioni del Festival di Sanremo. Quasi 15 milioni di spettatori per la prima puntata dei Promessi Sposi.
«Sfogo totale: creatività, divertimento. Un successo incredibile. Prego, non parliamo della mia imitazione dell’Ayatollah Khomeini (le reazioni internazionali, le minacce di morte, ndr ). I momenti più belli li ho vissuti interpretando Renzo Tramaglino ma anche l’Innominato, e il fratacchione del convento».
Quanto le manca la sua amica Anna Marchesini?
«Amica è troppo poco. Una sorella. Una parte di me. Siamo stati insieme per 12 anni, ogni giorno almeno una telefonata parlando quel che avremmo potuto fare insieme. La sua ironia, le mille espressioni. Straordinaria. L’attrice più grande della sua generazione».
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