Gianni Santucci per ''Corriere della Sera - Milano''
L’intera battaglia giudiziaria (Tribunale, Appello e Cassazione), nell’arco di oltre tredici anni, è stata tutta ancorata a un unico concetto: «Ingratitudine della donataria». È appellandosi a quel principio che Giuseppe Santopietro chiedeva ai giudici che gli venisse restituito un appartamento all’inizio di corso Lodi: una casa che lui aveva comprato poco prima del matrimonio (risalente all’anno 2000) e poi aveva intestato alla donna che da lì a poco sarebbe diventata sua moglie.
Solo che dopo le nozze, nell’anno 2004, la signora, Kiara van Ellinkhuizen, regista olandese, intrattenne due relazioni extraconiugali. Una, in particolare, ebbe una certa risonanza pubblica: nacque anche una bambina, figlia della regista e di Amedeo Savoia duca d’Aosta. Il primo atto di citazione risale a luglio 2005: l’ex marito sostiene che «in una pluralità di episodi la signora van Ellinkhuizen avrebbe manifestato, anche pubblicamente, disistima, avversione ed irriconoscenza verso il donatore dell’appartamento, offendendone la dignità».
Sarebbe stata un’«ingiuria grave» nei suoi confronti, sempre secondo l’ex marito, «la relazione adulterina tenuta con il duca Amedeo Savoia, che venne accompagnata da grande risonanza mediatica, con pregiudizio dell’onore del coniuge, che ancora coabitava con la moglie nonostante la separazione di fatto». La donna, nella sue affermazioni in pubblico, avrebbe anche detto più volte di «tenere in mano» il marito. Una battaglia legale che, alla fine, potrebbe essere sintetizzata in una banale domanda: come potete, signori giudici, lasciare la casa che io le ho regalato, a colei che mi ha trattato in questo modo ?
Nei tre gradi di giudizio, la risposta è sempre stata negativa per l’ex marito. Quel che è stato (in amore e in regali) è stato. E per tornare indietro, per arrivare a una restituzione dell’appartamento di corso Lodi, anche secondo la Cassazione servirebbe altro: l’infedeltà della donna non nasceva da un «sentimento di disprezzo e avversione nei confronti dell’ex marito, tanto da ripugnare la coscienza comune». I comportamenti della moglie sono stati rilevanti ad altri fini (la separazione), ma «non incidevano sull’onore e sul decoro dell’uomo».
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