Raffaele d'Ettorre per “il Messaggero”
Di Caprio che brinda sornione in cima alle scale, Dawson in lacrime, Orson Welles che applaude ostinato in Quarto Potere: le nostre reazioni sul web oggi passano attraverso le Gif, le immagini animate che ormai hanno preso in ostaggio i sistemi di messaggistica istantanea, dettando tempi e modi della comunicazione social. E che, a colpi di meme e riferimenti pop, stanno pian piano sostituendo la parola.
Si pronuncia jif, con la g morbida: a precisarlo è stato il loro inventore, l'ingegnere informatico Steve Wilhite, scomparso lo scorso 14 marzo per complicazioni legate al Covid. Era il 1987 quando Wilhite inventò il Graphics Interchange Format (Gif, appunto), con l'obiettivo di snellire le immagini per facilitarne il download. Qualche anno dopo si è scoperto però che, mostrando quelle immagini in veloce sequenza, era possibile creare piccoli video e mandarli a ripetizione, creando così il classico loop che caratterizza questo formato.
Da lì è esploso il fenomeno che ci ha accompagnato per oltre trent' anni di storia del web, partendo da Geocities fino all'approdo su Facebook e Whatsapp, dove oggi le Gif hanno creato una nuova forma di comunicazione leggera e immediata che si sposa alla perfezione con la frenesia del web 2.0. «La scrittura online è per sua natura ibrida», spiega Simone Tosoni, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'università Cattolica, «perché è sì una forma scritta ma ha le dimensioni e i tempi dell'orale. Le Gif aggiungono uno strato ulteriore, quello dinamico dei piccoli filmati usati in maniera espressiva».
LE DIMENSIONI
Un nuovo linguaggio globale che oggi, grazie alle dimensioni ridotte perfette per gli smartphone, è diventato anche un sofisticato strumento di marketing a cui tantissimi marchi si stanno appoggiando per promuovere il proprio brand. Intanto la Silicon Valley si adopera per integrare questa nuova forma di linguaggio anche sui social.
Nel 2016 Twitter ha lanciato per primo la funzione di ricerca Gif, seguito a stretto giro da WhatsApp e iMessage, mentre l'anno successivo è toccato a Facebook. Tutt' intorno ha preso vita una costellazione di database da cui è possibile pescare ogni tipo di immagine animata: il più diffuso è Giphy, il Google delle Gif nato nel 2013 e acquistato da Facebook per 400 milioni di dollari nel 2020.
LA GALASSIA
Il suo rivale, Tenor, che oggi fa parte della galassia Alphabet di Google, dichiara più di 300 milioni di utenti attivi al mese e oltre 300 milioni di ricerche giornaliere. Ma con la popolarità sono arrivati i primi problemi, dato che le Gif si prestano per loro stessa natura alla creazione di contenuti altamente controversi. E possono sfuggire ogni tanto Gif razziste, violente o diffamatorie, spingendo puntualmente i riflettori sull'annoso problema della moderazione dei contenuti.
LO SCONTRO
Intorno all'ecosistema Gif c'è poi un vero scontro generazionale in atto, come riportato da un'indagine della rivista Vice. Da un lato la Generazione Z, i nati dopo il 2000 cresciuti su TikTok che considerano le immagini animate «roba da boomer pigri», cioè da dinosauri di internet: perché usare una Gif quando possiamo registrare il nostro reaction video, cioè un breve filmato che mostra la nostra reazione emotiva a un contenuto?
Dall'altra parte della barricata intanto resistono loro, i pigri, genitori e nonni che durante il lockdown hanno saccheggiato Giphy - spingendo il download delle Gif su del 33% in un solo mese per poi riversare tutto su Facebook e sulle chat Whatsapp di famiglia. «Ogni generazione si rapporta al mezzo in modo diverso», spiega Tosoni. «Ad esempio l'uso delle vecchie emoticon in ascii, cioè con doppi punti e parentesi, è un chiaro segno di riconoscimento anagrafico, ormai siamo rimasti in pochissime a usarle».
E a darci un indizio sul futuro del fenomeno Gif potrebbe essere proprio la parabola delle Emoji, le storiche faccine la cui scomparsa è stata profetizzata a più riprese ma che dal 1982 resistono indomite, evolvendosi e cambiando letteralmente faccia a seconda del contesto. «Su internet tutto si reinventa e si trasforma», conclude Tosoni. «La Gif è uno strumento tecnico, e gli strumenti tecnici cambiano: quello che conta sono le forme linguistiche e sociali che ne stanno alla base».