Alberto Mattioli per “La Stampa”
regina elisabetta giorno dell incoronazione
Se Elisabetta pensasse sul serio di essere stata scelta da Dio per regnare sui suoi popoli, non lo sapremo mai. Di certo, si è sempre comportata come se ci credesse davvero. Ciò che l'ha trasformata in un'icona mondiale e nella nonna del mondo è che, alla fine, è stata l'ultimo monarca sinceramente monarchico. I suoi colleghi sembrano sempre scusarsi di incarnare un'istituzione arcaica e apparentemente insensata, quindi girano in bicicletta e fanno la coda al supermercato. Lei, no.
Non c'è una ragione plausibile per cui 68 milioni di britannici debbano obbedienza, o almeno rispetto, a uno di loro solo perché è nato da certi genitori. La monarchia ha una componente arcana e misteriosa che non si spiega. La si può solo incarnare. E lei lo ha fatto con un senso del dovere, una professionalità, uno scrupolo e una dignità che le hanno guadagnato l'amore dei suoi sudditi e l'ammirazione del resto del mondo.
Sapeva che la forma è sostanza, specie in una monarchia che di simboli vive e senza simboli muore. Per questo li ha mantenuti tutti, anche i più arcaici, l'apertura del Parlamento con la corona in testa e il «Trooping the Colour» vestita da colonnella e montando all'amazzone la sua giumenta favorita, Burmese (cui poi, rientrata a Buckingham, offriva una carota che un valletto le presentava sul vassoio d'argento. Poi beveva una flûte di champagne - lei, non Burmese - e si mostrava al balcone ai sudditi in delirio), i nuovi cavalieri nominati con il tocco della spada sulla spalla e i garden party con i gentiluomini in tight e cilindro.
È significativo che il suo ultimo atto regale sia stata la cerimonia del «kissing hands», quando il nuovo primo ministro «bacia le mani del Re» ed entra così in carica. Però questo Medioevo perenne è stato temprato da dosi ben calcolate di innovazione. Il suo avvento al trono fu annunciato dal balcone del palazzo di Saint James da un araldo vestito con una cappa stemmata, ma Elisabetta ha smontato il motore di un autocarro, decorato i Beatles, spedito delle mail, recitato con James Bond.
Non era femminista e se in pubblico il marito camminava un passo dietro di lei, in casa l'ultima parola l'aveva lui: ma hanno baciato le sue mani tre prime ministre, e ogni paragone con l'Italia è superfluo. Suo padre era imperatore dell'India; lei condannò l'apartheid, diventò amica di Mandela e litigò con la Thatcher che sosteneva il governo razzista della Rhodesia. La monarchia elisabettiana non è stata l'acceleratore dei cambiamenti sociali e politici del Paese, ma nemmeno il freno; semmai, la frizione, per passaggi il più possibile morbidi e senza traumi.
Sapeva non solo che ogni anno doveva compiere gli stessi atti allo stesso momento e nello stesso modo, ma anche che doveva farlo restando il più possibile uguale a sé stessa. Non ha mai cambiato pettinatura, perché il profilo doveva rimanere quello delle banconote e dei francobolli. Migliaia di tazze da the, statuine, tovagliette, centrini e altre carabattole con la sua faccia hanno dato l'illusione a tutti che fosse una di casa, e che la sua fosse la casa di tutti.
Elisabetta non ha mai seguito la moda, che non le interessava, mentre ha sempre preservato lo stile perché la prima, per definizione, cambia; il secondo, no. La costruzione dell'immagine è stata magari inconsapevole, ma vincente. Dicevi «Regina Elisabetta» e i riferimenti erano subito lì, immancabili e immutabili: cappellini e corgie, cavalli e teiere, castelli pseudomedievali e carrozze dorate, uniformi sgargianti e gioielli della Corona, popstar già iconoclaste che intonano «God save the Queen» e i figli che le fanno l'inchino.
Sempre impassibile, impeccabile, inattaccabile. Impossibile trovare una sua foto sconveniente o imbarazzante. Mai le è passato per la testa di «infrangere il protocollo», anzi lo ha sempre mantenuto come frontiera invalicabile fra il modo giusto o sbagliato di comportarsi. Le rare volte che lo fece, furono «errori» calcolatissimi. Come al funerale di Churchill, quando uscendo da Saint Paul cedette il passo ai familiari.
La regina Elisabetta con il principe George
Non è diventata la nonna del mondo perché c'era sempre stata e ci illudevamo che ci sarebbe stata sempre, ma perché ci ha ricordato che, come insegnava Manzoni, la vita non è un peso per molti e una festa per alcuni, ma per tutti un impegno. Anche di chi è nato con una corona in testa. -
La regina Elisabetta La regina Elisabetta con il principe Carlo carlo con la regina elisabetta la regina elisabetta 1 la regina elisabetta 3 la regina elisabetta 2 La regina Elisabetta 2