Marisa Fumagalli per il “Corriere della Sera”
Cinquanta sfumature di anaffettività. Avarizia di sé, indifferenza verso l'altro, lieve disturbo della personalità o grave patologia, l'incapacità di esprimere affetti non è questione odierna. Per di più, è argomento caro a molti scrittori sul quale si sono esercitati nei loro romanzi. Uno per tutti Madame Bovary, di Gustave Flaubert: anaffettivo il mediocre marito di Emma e, in fin dei conti, anaffettiva anche lei, romantica sognatrice, nei confronti della figlia. Tant'è.
Ciò che un tempo si chiamava «pudore dei sentimenti» era moneta corrente. In famiglia, nella coppia. Certo, nessuno si sarebbe sognato di chiedere l'annullamento delle nozze a causa di «anaffettività». Oggi succede. Basti citare una recente sentenza della Corte di Cassazione (maggio 2012) che ha sancito definitivamente la nullità di un matrimonio, chiesta da un uomo che si era reso conto di non riuscire ad esprimere alcun sentimento nei confronti della moglie.
I giudici sottolineavano, tra l'altro, «il disturbo della personalità del coniuge caratterizzato da rigidezza e intolleranza». In sintesi, quel marito «era inidoneo a realizzare un rapporto di comunione e condivisione». L'incapacità di amare una donna è anche il tema del film di Marco Bellocchio Fai bei sogni (tratto dal romanzo di Massimo Gramellini). Rimasto orfano della madre a 9 anni, cresciuto nella difficoltà di esprimere i propri sentimenti, Valerio Mastandrea, il protagonista del film, soffre di ansia da relazione.
In verità, la radice dell'impossibilità di amare completamente una donna, scegliendola come compagna di vita, risiede nei problemi emotivi dell'infanzia maschile. Alla base dell'anaffettività spesso c'è il rapporto madre-figlio/a. Cioè il comportamento da «non mamma» ben descritto da Silvia Vegetti Finzi, psicologa.
La non mamma è la figura centrale del suo libro autobiografico Una bambina senza stella (Rizzoli). Pochi, efficaci tratti per definirla: «Anaffettiva, si esprime con il poco contatto fisico; non bacia non abbraccia, parla sempre in modo generico, senza giungere al cuore, senza condividere le fantasie della bambina». «Che riuscirà, tuttavia, a superare il trauma infantile. A scuola, per merito di un insegnante. Un incontro risolutivo e salvifico», sottolinea Vegetti Finzi, aprendo uno spiraglio all' ottimismo.
E a proposito di madri «gelide», alcuni esempi da manuale si trovano fra le star di Hollywood. Sacha Newley, unico figlio maschio dell' attrice inglese Joan Collins, scrive nell' autobiografia: «Volevo solo che mia madre mi amasse, ma lei non mi ha mai abbracciato, nemmeno quando piangevo, e mi ha sempre tenuto a distanza. Narcisista, interessata solo alla carriera, era capace di dormire tutto il giorno per brillare la sera». Non è da meno Christina Crawford, figlia adottiva di Joan Crawford.
Nel suo libro Mammina cara, descrive la madre come una donna instabile, dura verso i figli, ossessionata dal proprio inarrestabile declino. La lista di personaggi famosi considerati anaffettivi o, quanto meno gelidamente misteriosi, è lunga. Se il portare perennemente gli occhiali scuri è un indizio, potremmo citarne un paio: Jacqueline Kennedy ed Enzo Ferrari. L'anaffettività nella coppia è un guaio serio.
«Non emerge fino a che l' attrazione sessuale è forte - nota Vegetti Finzi -. Quando declina dovrebbe subentrare la tenerezza; o meglio, la sensualità. Se ciò non avviene la convivenza diventa anaffettiva. È un momento delicato di passaggio che tocca tutte le coppie. Se si è consapevoli lo si affronta meglio».
Un tassello lo aggiunge Stefano Gastaldi, docente di Psicoterapia psicoanalitica: «Di solito sono i maschi che hanno difficoltà ad esprimersi. Soprattutto a parole. Di fronte agli intoppi della vita a due, tendono ad esonerarsi dallo sviscerarne le cause (e gli eventuali rimedi) discutendone con la compagna. Fatta a pezzi la società patriarcale, l' anaffettività degli uomini deriva dalla loro difficoltà ad accettare la dipendenza dalle donne e la loro indipendenza».
Un dato di fatto: ciò che ieri veniva socialmente tollerato oggi balza all' evidenza, diventa problema. Irrisolto. «La persona anaffettiva tendenzialmente si accetta così, a volte se ne fa vanto. Comunque sia, non pensa proprio a curarsi», dice Claudio Mencacci, psichiatra, direttore del Dipartimento di Neuroscienze Fatebenefratelli-Sacco a Milano.
Spiega: «L'anaffettività è un sintomo importante che riconduce ad un' ampia gamma di disturbi della psiche. Che non riguardano soltanto la dinamica dei rapporti interni alla coppia e alla famiglia. Penso, ad esempio, agli a-empatici che fanno soffrire il prossimo e lo maltrattano con indifferenza. Ai narcisisti che considerano solo se stessi. Coltivano irragionevoli aspettative, a loro tutto è dovuto. Sono arroganti, presuntuosi. Spesso invidiosi». «Il disturbo schizoide della personalità - continua Mencacci - produce distacco dalle relazioni sociali, il poco interesse per la vita. Donne e uomini solitari, senza amici o confidenti. In una parola, anaffettivi».
Non giova l' uso (e l' abuso) dei social network. Anzi. «Creano dipendenza e distraggono», osserva Vegetti Finzi. Alienazione e anaffettività, a quanto pare, si segnalano fra gli effetti collaterali dei social. Insomma, l' eccesso di possibilità di stabilire relazioni porterebbe a spezzarle più facilmente.