Luca Fazzo per “il Giornale”
«Grandiosa imperturbabilità», «assoluta lucidità e freddezza». Se l'obiettivo di Alberto Genovese era convincere il giudice di essere rimasto vittima dei suoi demoni, del suo successo, dei suoi soldi, di avere perso il senno, in tutto o in parte, in un abisso di sesso e cocaina, bisogna dire che il tentativo non è riuscito.
Ieri il giudice Chiara Valori deposita le motivazioni della sentenza con cui il 19 settembre scorso ha condannato l'imprenditore milionario, fondatore di Facile.it, a otto anni e quattro mesi di carcere. Sono di quelle che non lasciano spiragli di comprensione a Genovese e alle sue nefandezze. Nessuna «deriva inevitabile»: questo stupratore seriale resta freddo e organizzato fino alla fine, anche dopo la drammatica fuga della sua vittima da Terrazza Sentimento, l'attico a due passi dal Duomo di Milano.
Mentre la ragazza cerca di riprendersi dalla no stop di stupri cui è stata sottoposta, Genovese va a prenotarsi il trapianto di capelli da un chirurgo plastico. Per quanto a un profano possa apparire bizzarro, la condanna più pesante a questo imprenditore simbolo del 2.0 viene inflitta per la cessione di droga in quantità industriale che avveniva durante le sue feste e che le trasformava in eventi fuori controllo da ogni punto di vista.
E che lo stesso Genovese descrive così per spiegare perché non volesse far entrare la polizia in casa: «C'era droga dappertutto, c'erano immagini di un sesso brutto, vergognoso, c'erano escrementi, c'era ogni forma possibile di aberrazione». Alla condanna per la droga portata alle feste si aggiungono le pene per lo stupro della ragazza che lo ha denunciato e per l'altra violenza - emersa durante le indagini - compiuta a Ibiza. Solo il comportamento tenuto dopo l'arresto, il «lungo percorso di disintossicazione positivamente intrapreso», oltre ai risarcimenti versati alle vittime, porta il giudice a concedere le attenuanti generiche. Altrimenti il conto sarebbe stato più alto.
Per ritenere Genovese pienamente imputabile, la sentenza deve addentrarsi nello scontro tra perizie psichiatriche: da una parte i medici della difesa che indicano l'imprenditore come un soggetto autistico, un «Asperger ad alto funzionamento», aggravato dalla tossicodipendenza che avrebbe prodotto una «riduzione della massa encefalica» danneggiando non i lobi della cognizione ma quelli dell'empatia; e i consulenti del pm che attestavano la piena padronanza di sé, anche nei momenti più estremi, da parte dell'uomo.
Ma la sentenza deve superare anche la linea difensiva di Genovese, secondo cui la vittima era in realtà pienamente consenziente e aveva accettato l'invito, in cambio di soldi e di droga, sapendo bene cosa la aspettava. Il giudice non esclude che tutto sia iniziato così. «È probabile che l'accordo sia sfociato per un rapporto sado-maso, la giovane si è lasciata legare senza opporre resistenza alcuna ed è dunque probabile che vi sia stato almeno un iniziale consenso a pratiche di bondage».
Peccato che subito dopo, per paura o per dolore, la ragazza e i filmati sono inequivocabili «abbia espressamente revocato tale consenso, con grida di dolore, espliciti NO e preghiere di interrompere l'azione ("slegami!", "basta")». «Genovese - scrive il giudice Valori – ha ammesso di non essersi fermato a fronte del chiarissimo dissenso della persona offesa, ritenendo fosse suo diritto ottenere la prestazione che aveva concordato».
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