Giuseppe Cruciani per ''Libero Quotidiano''
Ormai non puoi nemmeno decidere a chi offrire il pranzo. Se non aiuti un paio di immigrati, una decina di profughi e almeno tre disgraziati che arrivano dall' Africa in compagnia magari di una dozzina di richiedenti asilo, sei un becero razzista da marchiare col fuoco. Succede alla famiglia Moriconi, ristoratori di Punta Marina, provincia di Ravenna. Marco, questo il nome del titolare, decide insieme ai due figli di invitare per il pranzo di Natale chi se la passa male, 23 persone in tutto.
A uno così, che potrebbe fottersene perché per le feste si pensa soprattutto a fare cassa, andrebbe dato un premio. O comunque andrebbe lasciato in pace. Invece no. Perché quando il Moriconi si rivolge a un'associazione per organizzare la tavolata, mette le cose in chiaro: Ho chiesto che mi mandassero famiglie italiane perché la crisi sta producendo effetti devastanti sugli italiani delle classi più basse e della ex classe media, che non hanno strumenti a cui appellarsi per un aiuto.
Non saranno mai primi nelle graduatorie delle case popolari, non hanno diarie giornaliere… Insomma, siccome il locale è mio voglio dare la priorità a famiglie e persone con la carta d' identità italiana. Affari miei. Non l'avesse mai fatto. Sulla rete gli hanno scritto di tutto: razzista, amico di Salvini, schifoso, candidati alle elezioni, maledetto, e tutta la solita serie di insulti dell'Italia buonista (o presunta tale). Nel frattempo alla tavola del "razzista" si mettevano a sedere anziani, persone sole, gente che lo Stato nemmeno sfiora e famiglie con bambini e senza il becco di un quattrino. I camerieri si sono commossi e hanno servito spaghetti al ragù, una grigliata di carne, il cotechino, patate e pure un dessert.
E il titolare ha detto che ci sono tanti italiani che soffrono e non sanno cosa fare, che lui ha conosciuto la sofferenza e adesso vuole aiutare quelli che conoscono la stessa disperazione, gente che ha pagato le tasse, contratto mutui e fatto girare l'economia di questo Paese, il loro Paese. Un discorso che non fa una grinza, accompagnato dai fatti: faccio mangiare i poveri, a spese mie. Ma niente, se non viene aiutato il profugo di colore la solidarietà per alcuni è marcia, vale di meno.
A questi mentecatti vanno chiarite alcune cosette. La prima. Ognuno coi propri soldi fa quello che vuole, posso destinarli a uno nato in Burundi come a chi è stato concepito a Canicattini; posso buttare i miei denari dalla finestra oppure decidere di regalarli a chi ha i capelli biondi e gli occhi azzurri, perché così mi garba. Senza che nessuno cominci a rompermi i cosiddetti oppure mi accusi di essere una specie di gerarca nazista.
La seconda.
Siamo praticamente certi che nel caso in cui il titolare della locanda avesse deciso invece di premiare i migranti sarebbe stato riempito di elogi, e ci sarebbe scappato pure l'encomio del presidente della Camera: ma che bravo, ma che altruismo, quanta generosità. Insomma, la storia di Moriconi è esemplare.
Se arrivi col barcone in Italia trovi il bengodi, migliaia di persone che ti accolgono a braccia aperte, le istituzioni a tua disposizione e persino un rapper di riferimento, Bello Figo, pronto a cantare le tue gesta. Se ti azzardi a cucinare un piatto di pasta per un senza tetto, chessò, di Vimercate, ti becchi un bello stronzo, quando va bene.