SOCIAL JIHAD – IL “DILEMMA” DELLE PIATTAFORME DI INTERNET: CHE SI FA CON I TALEBANI? FACEBOOK PER ORA HA DECISO DI TRATTARLI PER QUELLO CHE SONO, CIOÈ TERRORISTI. MENTRE TWITTER, CHE HA BANNATO A VITA TRUMP, CONTINUA A PERMETTERE ALLE MILIZIE ISLAMISTE DI CINGUETTARE IN TRANQUILLITÀ - INTANTO GLI ISLAMISTI LANCIANO FRECCIATINE: UNO DEI PORTAVOCE DEI TALEBANI, A UNA DOMANDA SULLA LIBERTÀ DI STAMPA, HA RISPOSTO INVITANDO I GIORNALISTI A CHIEDERE A FACEBOOK: “PROFESSANO LIBERTÀ DI PAROLA MA CI CENSURANO”
Giovanni Sofia per www.tag43.it
Twitter, Facebook e più in generale i social network. Ci stanno provando i talebani a trasferire attraverso il web un messaggio diverso rispetto a quello diffuso dalla narrazione internazionale.
Un tentativo tanto insolito, quanto complicato, data la decisione diverse piattaforme di vietare la diffusione di messaggi ai nuovi governatori dell’Afghanistan.
Emerge comunque nitida l’inversione di tendenza rispetto al passato, quando l’uso della Rete tra gli studenti di Dio era opzione non contemplata. Un atteggiamento evidente anche nella critica rivolta a Mark Zuckerberg dal portavoce del gruppo Zabihullah Mujahid, durante la prima conferenza pubblica del nuovo governo.
In quell’occasione, i talebani non hanno lesinato accuse all’Occidente, colpevole di farsi garante della libertà di parola, ma di smentirla nei fatti. Tali sarebbero valutate le chiusure dei profili, da Facebook e WhatsApp. C’è di più, perché se i talebani non vogliono gli americani nel Paese è pur vero che ne attingono a piene mani la tecnologia.
A testimoniarlo, su tutti, gli account Twitter, non verificati, di numerosi esponenti di punta del gruppo. Tra loro, Mujahid e Suhail Shaheen, bacini da oltre 300 mila follower.
LA NUOVA STRATEGIA SOCIAL DEI TALEBANI
«Le varie piattaforme di social media e le applicazioni di messaggistica hanno avuto un ruolo cruciale nella strategia mediatica dei talebani», ha affermato alla Cnn Weeda Mehran, docente ed esperto di Afghanistan presso l’Università di Exeter, nel Regno Unito, che si concentra sulla propaganda dei gruppi estremisti.
Finora, infatti, gran parte dell’attenzione del gruppo è stata rivolta alla creazione di un’immagine più sana, meno brutale se paragonata al primo governo. «In questo senso Facebook e Twitter diventano e fondamentali, sia in ambito interno che nelle relazioni di politica estera», ribadisce Safiya Ghori-Ahmad, direttore della società di consulenza politica McLarty Associates ed ex consigliere del Dipartimento di Stato per l’Afghanistan.
«Un ribaltamento dovuto al gran numero di smartphone oggi presenti nel Paese e alla conseguente proliferazione di app e social».
NEGLI ANNI 90 VIETATI INTERNET E LA TELEVISIONE
L’attuale “simpatia” dei talebani verso media e tecnologia, come accennato, è in netto contrasto con quanto accadeva a cavallo fra gli Anni 90 e 2000. Allora vigeva il divieto non solo di utilizzare la televisione, ma anche il neonato web. Una decisione drastica, giustificata dalla volontà di contrastare apertamente «cose sbagliate, oscene, immorali e contro l’Islam».
Eppure da lì a poco sarebbe cominciata la rivoluzione tech. Secondo Mehran, i talebani cominciarono ad avvicinarsi alla Rete proprio dal 2001, con l’estromissione dal potere. In quegli anni pubblicavano video e condividevano i primi messaggi online. Successivamente, la naturale evoluzione è stata quindi la scoperta di piattaforme come Facebook, Twitter, WhatsApp e Telegram. Una svolta impossibile senza la capillare diffusione di internet, concretizzatasi progressivamente in tutto l’Afghanistan.
Nel 2019, il Paese contava quasi 10 milioni di persone in grado di navigare sul web, oltre il doppio (23 milioni) possedeva un cellulare. L’89 per cento degli afghani, poi, poteva già accedere ai servizi di telecomunicazione. Sono gli ultimi dati disponibili del ministero delle Comunicazioni e dell’informatica del Paese che conta, secondo alcune stime, 3 milioni di account Facebook.
Numeri importanti che spiegano anche perché piuttosto che vietarli, i talebani stiano cercando delle soluzioni per aggirare la censura da social. Non esattamente un’impresa semplice dato il controllo stringente di Facebook, Instagram e WhatsApp, che proprio di recente ha chiuso oltre a molti account anche una linea di assistenza talebana.
D’altronde, afferma la società di Menlo Park: «I talebani sono sanzionati come organizzazione terroristica secondo la legge degli Stati Uniti e li abbiamo banditi dai nostri servizi conformemente alle politiche sulla Dangerous Organization».
Lo stesso vale per WhatsApp: «Abbiamo il dovere di omologarci alle norme americane sulle sanzioni, che includono il divieto per account che riconducono talebani».
Anche YouTube ha ribadito che continuerà a chiudere gli account gestiti dai talebani. Rimane Twitter che non ha bandito gli account talebani, ma ha come priorità assoluta proteggere la sicurezza degli utenti «per cui rimaniamo vigili». Stagliate simili premesse «appare improbabile che i talebani spingano per una dismissione di internet dall’Afghanistan», ha aggiunto Ghori-Ahmad.
In un tira e molla del genere, uno spartiacque decisivo potrebbe essere rappresentato dal riconoscimento del nuovo governo afgano da parte della comunità internazionale: «Se ciò accadesse, sarebbe difficile per Facebook e YouTube giustificare l’esclusione del gruppo militante dalla piattaforma», spiega Mehran.
INTERNET, LIBERTÀ DI PAROLA PER TUTTI
Il vero problema per i talebani, tuttavia, potrebbe non essere ciò che dice il gruppo, ma la libertà che ne deriverebbe per la popolazione. Il dissenso negli ultimi giorni ha viaggiato veloce online, con video delle proteste per le strade di Kabul che hanno raccolto grande solidarietà nel mondo.
Non è da escludere che per frenarla i talebani limitino l’accesso a Internet nel Paese. «Guardando al futuro, vorranno certamente usare la tecnologia per i propri scopi di propaganda e pubbliche relazioni», ha affermato Madiha Afzal, membro del programma di politica estera della Brookings Institution. «Ma ora che hanno preso il controllo dell‘Afghanistan, con ogni probabilità vorranno contemporaneamente limitare l’accesso ai social media alla popolazione.
Piattaforme come Twitter e WhatsApp dovranno capire come affrontare la propaganda dei talebani, cercando comunque garantire l’utilizzo degli strumenti alla gente comune». Che nell’idea degli studenti di Dio, dovrebbe essere comunque conforme alla legge islamica.
Le app, dal canto loro ci stanno provando. Twitter è concentrata sulla rimozione dei contenuti più vecchi e sulla sospensione temporanea degli account, nel caso in cui gli utenti afghani non siano in grado di accedervi. Si tratta di post che potrebbero, infatti, prestare il fianco alle ritorsioni dei talebani.
LinkedIn «ha preso alcune misure temporanee, come limitare la visibilità delle connessioni e aiutare i membri nel Paese a nascondere i propri profili». Precauzioni fondamentali, perché sebbene il nuovo governo tenda a proiettare un’immagine di sé più moderata, non ci sono garanzie che l’atteggiamento duri nel tempo.