Federico Rampini per il “Corriere della Sera”
Bob Chapek, a sinistra, e Bob Iger
Da una parte c'è Ron DeSantis, l'italo-americano che governa la Florida, più trumpiano di Donald. Dall'altra la Disney, multinazionale da 73 miliardi di dollari di fatturato che è diventata un simbolo del capitalismo di sinistra. Lui ha 43 anni, esordì come giurista delle forze armate Usa sul fronte iracheno guadagnandosi medaglie, un curriculum di tutto rispetto per contendere a Trump la nomination repubblicana del 2024.
La Disney è un bersaglio dell'America conservatrice da tempo: questo gigante che spazia dai film ai parchi attrazioni alle crociere si è arreso alla cancel culture, riscrive fiabe classiche da Biancaneve a Peter Pan chiedendo scusa perché non erano politicamente corrette.
Spesso gruppi di destra picchettano gli ingressi di Magic World a Orlando per contestare la nuova Disney, dove eroine ed eroi devono appartenere a minoranze etniche o Lgbtq+.
L'ultima guerra tra Disney e la Florida è scoppiata sul terreno della scuola, l'arma dei repubblicani sono le tasse. E Topolino rischia perfino di perdere il copyright.
Il detonatore è una legge varata da DeSantis, il Parental Rights in Education Bill. La sua difesa dei «diritti dei genitori nell'istruzione» è bollata dall'opposizione di sinistra - minoritaria in Florida - come la legge che «proibisce di dire gay».
Regola l'educazione sessuale nelle scuole pubbliche dello Stato, vietando che dalla materna alla terza elementare si affrontino i temi dell'orientamento sessuale e della identità di genere. Dopo la terza elementare l'educazione sessuale è consentita purché il materiale didattico sia «adeguato all'età degli alunni». «I genitori mandano i figli a scuola perché ricevano un'istruzione, non un indottrinamento militante», dice DeSantis.
La preoccupazione è nata dalle famiglie. Discutere in età così giovane, e senza coinvolgere i genitori, i temi dell'identità sessuale «fluida» o del cambio di sesso, spaventa molte famiglie. Da quando l'agenda politica dei diritti dei transgender o binari o fluidi si è imposta a livello nazionale, le indagini demoscopiche rivelano un'impennata della percentuale di bambini e adolescenti che rimettono in discussione il proprio sesso. C'è chi teme che si tratti anche di una moda, trainata da nuovi modelli culturali e icone giovanili.
La Disney, per la sua presenza imponente in Florida dove ha 80 mila dipendenti e il più grande parco attrazioni del mondo con 58 milioni di visitatori annui, ha subito enormi pressioni interne: dei gruppi di dipendenti hanno accusato il chief executive officer Bob Chapek di non difendere le minoranze sessuali oppresse. Il top manager si è piegato, dichiarando l'ostilità dell'azienda al Parental Rights. Ha annunciato inoltre che sospenderà ogni finanziamento elettorale ai repubblicani della Florida (dove la Disney, come altrove, versa contributi a entrambe i partiti).
DeSantis sferra la sua contromossa: cancellerà l'esenzione fiscale di cui gode la multinazionale. Nel 1967, su richiesta del fondatore Walt Disney, la Florida disegnò attorno al Magic Kingdom una circoscrizione amministrativa speciale. Si chiama Reedy Creek Improvement District, funziona come una provincia autonoma. Ha lo status di un paradiso fiscale.
In quel territorio ricavato appositamente per contenere il parco Disney World, l'azienda gode di sgravi e anche di una deregulation sulle norme ambientali e urbanistiche. Il deputato repubblicano della Florida Matt Gaetz stima che l'insieme di questi privilegi «fa risparmiare 592 milioni di dollari all'anno alla Disney e li scarica sugli altri contribuenti del nostro Stato».
L'offensiva si allarga a livello nazionale. Al Congresso di Washington il deputato repubblicano Jim Banks dell'Indiana propone di non estendere più il copyright che protegge Topolino e tutti i giochi o gadget che ne usano l'immagine: in passato i diritti d'autore furono rinnovati periodicamente oltre la loro scadenza naturale. In questa guerra di religione, tra una multinazionale simbolo del capitalismo progressista e il bastione dell'America conservatrice che è la Florida, i repubblicani non risparmiano nessun colpo.
Sui media di destra vengono citate le concessioni che la Disney fa in nome del suo business miliardario a regimi stranieri liberticidi, omofobi, dove regna la censura contro le minoranze sessuali: il servizio di streaming Disney+ ha stretto accordi con una lunga lista di paesi islamici dove l'omosessualità è un reato; ha censurato alcuni film per sottostare ai diktat del governo di Pechino.
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Nelle legislative di metà mandato, a novembre, molti genitori americani andranno a votare pensando alle battaglie culturali che divampano nelle aule scolastiche, forse più che a una lontana guerra sul suolo europeo.
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