1 - PIACENZA, AZZERATI I VERTICI DELL'ARMA I PUSHER: «SPACCIAVAMO PER MONTELLA»
Cesare Giuzzi e Giuseppe Guastella per il “Corriere della Sera”
Nuovi episodi di violenze ed altra droga aggravano la posizione dell'appuntato Giuseppe Montella. I primi interrogatori dell'inchiesta sulla caserma Levante dei carabinieri di Piacenza confermano e irrobustiscono le accuse alla base dell'arresto di sei militari e di una decina di spacciatori loro complici, mentre il Comando generale azzera i vertici di quello provinciale.
A fare le prime ammissioni sono stati i pusher complici della banda di via Caccialupo che hanno ammesso al Gip Luca Milani, che li ha interrogati nel carcere di Cremona alla presenza dei pm Matteo Centini e Antonio Colonna, di aver spacciato hashish e marijuana per conto di Montella, diventando anche suoi informatori.
Hanno rivelato altri arresti illegali in cui il militare avrebbe picchiato i pusher e si sarebbe appropriato della droga, girandola ai «galoppini» che spacciavano per lui nella piazza di Piacenza, che per anni è stata nelle mani di un gruppo di carabinieri senza scrupoli, stando alle accuse della Procura guidata da Grazia Pradella. Interrogati, ma nel carcere di Piacenza, anche i primi due dei carabinieri arrestati per reati gravissimi che vanno dalla tortura ad arresti illegali per guadagnare l'approvazione dei superiori, dal peculato al traffico di droga che hanno portato al sequestro dell'intera caserma.
le auto e le moto di proprieta' del carabiniere giuseppe montella
Entrambi scaricano su Montella. L'appuntato Angelo Esposito, difeso dall'avvocato Pierpaolo Rivello, ha rigettato ogni responsabilità. «Ha detto di aver partecipato alle operazioni dirette da Montella, ma di non aver mai saputo delle attività illegali. Non è mai stato presente a violenze». L'avvocato descrive un «uomo distrutto» che è «crollato» psicologicamente piangendo di fronte ai pm. Esposito ha anche detto ai magistrati che, se si fosse arricchito, non vivrebbe in «un alloggio di servizio».
Il carabiniere Daniele Spagnolo, invece, ha ammesso la sua presenza in alcuni episodi contestati, sostenendo di non aver mai fatto nulla di illegale. «Facevo quello che mi dicevano senza sapere cosa c'era a monte», ha dichiarato assistito dall'avvocato Francesca Beoni. Oggi sarà la volta di altri tre carabinieri, tra cui lo stesso Montella.
Da lunedì il colonnello Paolo Abrate, che da comandante del Gruppo Milano ha coordinato l'intervento per il sequestro del bus di bambini a San Donato, sostituirà il colonnello Stefano Savo alla guida del comando provinciale. Cambiano anche i vertici degli uffici investigativi: il tenente colonnello Alfredo Beveroni e il maggiore Lorenzo Provenzano guideranno Reparto operativo e Nucleo investigativo.
Un provvedimento che «ha lo scopo di consentire il sereno e regolare svolgimento del lavoro del comando, come ha convenuto il colonnello Savo - dicono al comando generale, dove è stato convocato ieri da Nistri - condividendo, con senso di responsabilità, la necessità di un avvicendamento per non pregiudicare ulteriormente i rapporti tra la cittadinanza e l'Arma». Nel 2018 la Levante ottenne una menzione particolare dalla Legione «per il ragguardevole impegno operativo».
2 - «ABBIAMO VENDUTO VENTI CHILI DI DROGA ADESSO IN CITTÀ CI STIAMO SOLO NOI»
Cesare Giuzzi e Giuseppe Guastella per il “Corriere della Sera”
giuseppe montella con la fidanzata
«Noi dobbiamo viaggiare a numero uno, i numeri due li lasciamo agli altri, adesso a Piacenza poi stiamo solo noi... perché a Piacenza non ce n'è più nessuno». L'appuntato Peppe Montella è euforico. È in macchina con il socio Daniele Giardino e l'amico Tiziano Gherardi che su Facebook si fa chiamare con un soprannome piuttosto esplicito «Mezzo kg». Gherardi è uno degli spacciatori più attivi della piazza piacentina. Non a caso, ancora prima della confessione del pusher-pentito che farà partire l'inchiesta, è proprio lavorando su di lui che gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme gialle iniziano a sospettare delle amicizie dell'appuntato della caserma Levante.
la ducati di giuseppe montella
I due parlano di droga, di soldi, degli ultimi affari: «Noi ieri abbiamo venduto venti chili». Le amicizie di Giuseppe Montella non sono segrete. Il profilo social del carabiniere lo testimonia. Nessuno però tra i superiori ha mai segnalato quegli strani rapporti tra pusher e carabiniere.
«Tali frequentazioni apparivano, fin da subito, in evidente contrasto con lo status rivestito e l'attività svolta all'interno della stazione Carabinieri di Piacenza Levante - ricostruiscono gli investigatori - soprattutto considerato il coinvolgimento di Giardino e Gherardi in attività di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti anche volte all'approvvigionamento della piazza piacentina». Montella è un carabiniere dalla doppia vita, ugualmente «delinquente» come lo definiscono i magistrati che vive in una sorta di «film poliziesco anni '70» ma dove «i soprusi e le percosse non sono una finzione scenica».
Da un lato abusa della sua divisa per «estorcere confessioni» a presunti spacciatori, picchia selvaggiamente i sospettati, organizza festini nella caserma di via Caccialupo. Dall'altro organizza traffici di droga, ne cura il trasporto insieme alla compagna Maria Luisa Cattaneo (ai domiciliari) e si spinge fino nell'hinterland milanese insieme a Giardino per acquistare partite di marijuana dai calabresi. Il Montella narcos si occupa di attività di «bonifica dei caselli autostradali» e «di scorta a tutela del trasporto di stupefacenti».
Per gli inquirenti coordinati dal procuratore Grazia Pradella e dai pm Antonio Colonna e Matteo Centini, il 36enne sfrutta così «la sua posizione all'interno dell'Arma» per verificare l'eventuale presenza di controlli o pattuglie lungo il tragitto» e per reperire «informazioni sulle indagini». Come quando i fratelli Giardino vedono un posto di blocco al casello Piacenza sud. Sul furgone hanno tre chili di marijuana. Montella chiama un amico finanziere (indagato) che lavora nel nucleo cinofili e lo informa che non si tratta di un semplice «pattuglione» ma di un controllo mirato. Montella racconta al figlio undicenne del pestaggio di «un neg... che scappava».
Alla moglie illustra i risultati del traffico di droga. E insieme a un collega fa «la spesa» durante il turno di servizio. «L'immagine dell'Arma per l'ennesima volta ne esce danneggiata se solo si immagina quale opinione possa farsi nel vedere, in un momento delicato e di controlli nella contingenza dell'epidemia da Covid 19, due carabinieri a bordo di una pattuglia con i colori di istituto che sostanzialmente "cazzeggiano" occupandosi degli affari propri - scrivono i pm chiedendo gli arresti al gip-, quali ritirare latticini e un libro: una tracotanza fastidiosa».
Dopo gli arresti sono iniziate le verifiche sull'attività della squadra di via Caccialupo: «Tutti gli arresti da fine gennaio in poi sono stati eseguiti tacendo che venivano promossi da sedicenti informatori, risultati essere, complici, o meglio, galoppini dell'appuntato Montella» e «rappresentando accertamenti sul territorio in realtà inesistenti». Ma soprattutto «macchiati indelebilmente da violenze e percosse inferte a coloro che erano nelle mani dei rappresenti dello Stato».