(ANSA) - MILANO, 04 APR - La Cassazione ha confermato i 9 anni di reclusione inflitti in secondo grado all'ex imprenditore farmaceutico Antonio Di Fazio, accusato di cinque episodi di violenza sessuale con uso di benzodiazepine, tra cui quello per cui venne arrestato nel maggio del 2021: per l'accusa aveva narcotizzato e violentato una studentessa 21enne attirata nel suo appartamento con la scusa di uno stage per poi fotografarla approfittando del suo stato di incoscienza.
La Suprema Corte ha, infatti, dichiarato inammissibile il ricorso della difesa, sostenuta dall'avvocato Ivano Chiesa e ha accolto quello del pg contro la decisione della Corte d'Appello di Milano di riqualificare i maltrattamenti e la violenza sessuale nei confronti della moglie in atti persecutori così da essere prescritti.
Su questo capitolo dunque gli ermellini hanno rinviato a un nuovo giudizio di secondo grado che potrebbe, a seconda dell'esito, portare a un aumento della pena. "Non riuscirò mai a capire - ha dichiarato l'avvocato Chiesa - come si possano dare 8 anni ad Alberto Genovese per degli stupri e 9 al mio assistito per violenza sessuale fotografica ossia per aver fatto delle foto intime. Mi pare evidente una enorme differenza di gravità tra le due ipotesi, ammesso che esista la violenza sessuale fotografica".
All'ex manager, processato con rito abbreviato, in primo grado erano stati inflitti 15 anni e mezzo di carcere dal gup Anna Magelli che non aveva riconosciuto la continuazione tra i reati. Continuazione invece applicata dai giudici di secondo grado che nel giugno scorso lo hanno anche assolto dal sequestro di persona in merito all'episodio della studentessa e dichiarato il non doversi procedere per maltrattamenti, stalking e violenza sessuale nei confronti dell'ex moglie, punto su cui ci sarà un ulteriore giudizio.
Tra i legali di parte civile nel processo figurano gli avvocati Andrea Prudenzano, Andrea Belotti, Gloria Bordanzi, Patrizio Nicolò e Maria Teresa Zampogna , Monica Monteverde e Giorgio Conti. Di Fazio, ora in una comunità terapeutica per i suoi problemi di tossicodipendenza, dovrebbe ritornare in carcere.
Secondo le motivazioni della sentenza di secondo grado, l'ex manager "aveva messo a punto un 'sistema' criminale idoneo a far cadere nella sua rete numerose vittime, per lo più giovanissime donne irretite dalle sue promesse, dai suoi contatti, dalla esibizione delle sue possibilità economiche (vere o fasulle che fossero), dal suo patrimonio immobiliare, rassicurate dalla sua famiglia (madre, sorella, figlio) pronte ad accoglierle in un contesto apparentemente normale ma agiato e promettente".
È riuscito "a ripetere il suo modello criminale con medesime modalità esecutive" ai danni delle vittime, che generalmente fotografava quando erano prive di sensi, "di cui solo sei sono emerse con compiute generalità e sono costituite parte civile nel processo, altre sono rimaste ignote, ma di esse v'è tracce nelle ulteriori numerose fotografie rinvenute nel suo cellulare".
L'ex imprenditore, oltre alla vicenda per cui è stato condannato definitivamente, ha altri guai giudiziari per bancarotta fraudolenta in relazione a due società, la Global Farma e la Ifai (Industria farmaceutica italiana) Srl, per truffa e frode in pubbliche forniture ai danni di alcune Asl, tra cui quella di Torino, e per inadempimento di forniture di mascherine e altri dpi ad Aria, centrale acquisti lombarda, nel periodo dell'emergenza Covid.