Estratto dell'articolo di Giuseppe Filetto per https://genova.repubblica.it/
giovanni castellucci di autostrade
Il 2 febbraio del 2020, diciotto mesi dopo il crollo del “Morandi”, Gianni Mion (manager che amministra Edizone Holding, la cassaforte della famiglia Benetton che include il controllo di Atlantia e quindi di Autostrade) alle 10.23 dialoga al telefono con Giorgio Brunetti, professore emerito della Bocconi. I due (non sono indagati) sono in confidenza.
La telefonata di 9 minuti e 1 secondo è intercettata dalla Guardia di Finanza di Genova che indaga sulle barriere fonoassorbenti a rischio crollo e che nel novembre dello stesso anno porterà all’arresto di Giovanni Castellucci, già ex amministratore delegato di Autostrade, e di altri 5 dirigenti di Aspi e di Spea. Brunetti dice: «Era già nel 2007, ti ricordi?... Quindi sono passati 12 anni, 12 anni...». E Mion: «...Poi Castellucci… allora diceva “facciamo noi!” e Gilberto (Benetton che si è sempre occupato di Autostrade, ndr) eccitato perché lui guadagnava e suo fratello di più… (il fratello è Luciano, ndr)».
Brunetti: «Quando hanno acquistato quella roba, era una roba che loro non potevano neanche governare…». Mion: «Esatto...». I due si riferiscono alla rete autostradale. Brunetti: «Si erano innamorati di sta roba senza sapere… i rischi che c’erano in sta roba... ». Mion: «Si però poi il vero grande problema è che le manutenzioni le abbiamo fatte in calare, più passava il tempo meno facevamo.. . cosi distribuiamo più utili.. . e Gilberto e tutta la famiglia erano contenti …».
Adesso, a processo sul crollo del ponte già avviato, Guido Carlo Alleva e Giovanni Paolo Accinni, i due avvocati di Castellucci, hanno chiesto al giudice Paolo Lepri e al collegio giudicante la trascrizione e la deposizione di questa ed altre 39 telefonate già agli atti del secondo filone (tunnel gallerie e barriere antirumore). Vogliono che quelle intercettazioni diventino parte integrante del processo sul crollo.
Per le difese i colloqui proverebbero che in tanti sapevano in quali condizioni era il viadotto: soprattutto anche i vertici di Atlantia (quindi i Benetton) erano al corrente. Spetterà al giudice decidere. Mentre i militari della Gdf, secondo quanto trapela, sarebbero già al lavoro per la trascrizione.
L’acquisizione della telefonate è la seconda mossa nel giro di un mese. La prima è stata la citazione di 45 testimoni da parte dell’ex ad di Aspi, principale imputato sul crollo del 14 agosto 2018 e la strage di 43 persone. Castellucci fra gli altri chiama in causa tanti manager di Atlantia, molti big rimasti fuori dall’inchiesta o solamente sfiorati. Lui li porta in tribunale. Primo fra tutti appunto Mion. Poi Fabio Cerchiai, dal 2010 al 2022 presidente di Atlantia e fino al 2019 anche presidente di Autostrade. [...]
Per i pm Massimo Terrile e Walter Cotugno che leggono i documenti e le intercettazioni dei militari del Primo Gruppo (fino allo scorso anno diretto dal colonnello IvanBixio, coadiuvato dal tenente colonnello Giampaolo Lo Turco e dal capitano Sebastiano Campisi) gli imputati “erano a conoscenza delle condizioni del viadotto, ma prevalse la logica del profitto” per non intervenire e non chiudere il tratto di autostrada Genova-Savona.
Tant’è che prima che arrivassero gli arresti per i pannelli fonoassorbenti Mion parla con Carlo Bertazzo, da lui scelto nel 2020 come suo braccio destro. Il 26 gennaio di quell’anno, in un colloquio sempre intercettato al quale partecipa anche un avvocato, dice testualmente: «...Siccome stiamo parlando di una rete vecchissima... che ha mediamente più di sessant’anni... praticamente è da rifare tutto... e allora vogliamo prendere atto dello stato dei lavori e di tutto quello che bisogna fare o no?». Quando l’avvocato dice «Noi individuiamo quelle zone dove c’è un pericolo oggettivo», Mion risponde senza fronzoli: «E’ dappertutto... se non si prende atto che bisogna rifare tutto, ma tutto (ride)». [...]
GIANNI MION IL MONCONE CROLLATO DEL PONTE MORANDI
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