Estratto dell’articolo di Giampaolo Visetti per “la Repubblica”
a bolzano bar e ristoranti aperti dopo le 18
«Vent' anni di matrimonio: anniversario al ristorante e tante grazie all'autonomia sudtirolese. Potrebbe essere l'ultima occasione per uscire prima di un altro lockdown. In un tempo così spaventoso, due ore di viaggio per una sera di vita normale non sono buttate». Raffaella e Andrea Avesani non ci hanno pensato due volte a raggiungere l'ultima enclave nazionale dove ancora si cena fuori dopo le 18.
Partiti da Verona, alle sette sono già nello storico Wirsthaus Vogele, nel cuore di Bolzano. La padrona di casa, Birgitt Alber, accende la candela sul tavolo e serve i canederli conditi con il gulash. Nella secolare stube in cirmolo, la maggioranza dei clienti non è altoatesina. Un centinaio, alla chiusura delle 22, i commensali saliti dal Veneto, o calati da Innsbruck per approfittare «della libertà da Grande Tirolo» estesa al Trentino.
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La seconda ondata del virus mette in scena un inedito statuto speciale gastronomico pantirolese. Cene fuori proibite in tutto il Paese, ma non nelle province autonome di Trento e di Bolzano, dove pure cresce il contagio. Effetto della prima sera da disobbedienti: migrazione discreta di coppie, amici e famiglie in crisi d'astinenza di polenta e capriolo, fuggite da Veneto, Lombardia, Austria e pure Svizzera.
Conseguenza: rabbia, proteste e denunce di «concorrenza sleale» per i clienti scippati da parte dei ristoratori costretti alla pandemica serrata subito al di là dei confini regionali. «Li capisco - dice Alfio Ghezzi, chef del ristorante dentro il Mart di Rovereto - ma l'errore è aver chiuso altrove, non l'aver permesso di lavorare qui. L'emergenza sanitaria durerà mesi: non è sostenibile affrontarla distruggendo l'economia legata al cibo. Servono norme su misura, luogo per luogo. Io resto un cuoco: o posso farlo e non sono altro».
(…) Per chi entra in Italia dal resto d'Europa, camionisti compresi, Alto Adige e Trentino sono l'ultima locanda prima di uno sconosciuto Belpaese take-away. «Qui la settimana prossima è vacanza - dice Willy, chef del Vogele - e arriva il weekend di Ognissanti. Cominciano a prenotare i tavoli da tutto il Nord. Devo dirlo, è una boccata d'ossigeno ».
(…) «La tristezza - dice Andrea Fenoglio, chef icona del Sissi di Merano - è sentirsi privilegiati perché si può lavorare. Fatico a capire la differenza tra qui e Matera, quanto a sicurezza in un ristorante. Il punto è far rispettare i protocolli e se uno sgarra chiude. Nelle regioni del turismo invernale i locali non vivono di pranzi di lavoro: se togli la cena, è finita. Resta questo spillone conficcato nelle cucine, cuore culturale della nazione ».
D'accordo anche i 20 ospiti che riempiono i suoi tavoli: solo due gli altoatesini. «Ora i sovversivi sembriamo noi - dicono Laura Vallese e Yuri Cardelli, ristoratori in trasferta da Cesena - ma la catastrofe è stata la sottovalutazione estiva. In piedi a migliaia davanti ai bar fino all'alba, sotto gli occhi delle forze dell'ordine. Così adesso noi siamo qui a mangiare, mentre il nostro locale è costretto a restare chiuso». (…)
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