CON CHI HA PARLATO E CHI HA INCONTRATO BRENTON HARRISON TARRANT PRIMA DI COMPIERE LA STRAGE A CHRISTCHURCH? - IL 28ENNE È STATO DUE VOLTE IN TURCHIA NEL 2016, POI IN PAKISTAN, IN COREA DEL NORD, IN DIVERSE CITTÀ FRANCESI - NELLE SETTIMANE PRECEDENTI AL MASSACRO E’ PASSATO IN BULGARIA, ROMANIA E UNGHERIA - I POSSIBILI CONTATTI CON GLI ESTREMISTI NAZIONALISTI BRITANNICI

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1. L' ENIGMA DELLA RETE DI BRENTON UN ANNO PER STUDIARE LA STRAGE

Fabio Tonacci per ''la Repubblica''

 

il gesto di brenton tarrant 2 il gesto di brenton tarrant 2

"Quite and unremarkable", dice oggi chi lo conosce. L' australiano 28enne Brenton Harrison Tarrant, per i vicini di casa giù a Dunedin (cittadina sul Pacifico 360 chilometri a sud di Christchurch), è un uomo tranquillo e, tutto sommato, insignificante. Al massimo "un recluso".

 

Descrizione che si adatta perfettamente al profilo del lupo solitario: un invisibile, di cui poco o niente si sa se non che passa ore a sollevare pesi in palestra e a sparare al poligono con il Bruce Rifle Club di Milton, chiuso nel proprio silenzioso rancore suprematista e xenofobo, anonimo. E poi, improvvisamente, in azione per sparare ai musulmani in preghiera in due moschee.

il gesto di brenton tarrant 1 il gesto di brenton tarrant 1

 

Un profilo, però, che non accontenta gli investigatori neozelandesi, né gli altri coinvolti in questo caso che è diventato subito internazionale. La storia criminale degli attentati terroristici, non solo di matrice islamista, insegna infatti che quello del lupo solitario è un profilo troppo spesso "pigro" e inaffidabile: utile all' inizio per giustificare all' opinione pubblica come un attentatore sia potuto filtrare tra le maglie del controllo preventivo di intelligence e polizia, quasi mai realistico.

il manifesto di brenton tarrant il manifesto di brenton tarrant

 

"È cambiato dopo il viaggio" Il quieto e insignificante Brenton Tarrant è un enigma. Anche per i suoi familiari. «Quando alla televisione ho visto ciò che aveva fatto, stentavo a riconoscere il mio ragazzo», racconta Marie Fitzgerald, la nonna 81enne di Tarrant, intervistata dall' emittente australiana 9News. «Brenton passava la maggior parte del suo tempo a giocare ai videogame (era appassionato di World of Warcraft e Grand Theft Auto, ndr) e a navigare su Internet. Non credo che una fidanzata fosse sulla sua agenda... un matrimonio era impensabile per lui».

 

Tarrant ha lasciato la casa di famiglia di Grafton nel 2017, si è trasferito in Nuova Zelanda. Un anno fa era tornato per festeggiare il compleanno della sorella (ora in una località protetta), il cui appartamento a Sandy Beach è stato perquisito dalla polizia australiana.

 

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«Era il solito ragazzo - ricorda la nonna - abbiamo chiacchierato e mangiato insieme. Non vedemmo segnali preoccupanti in lui». In realtà, covava già odio. Nel suo delirante manifesto suprematista "La grande sostituzione", postato online e inviato via mail anche alla premier neozelandese Jacinda Ardern nove minuti prima della carneficina, Tarrant dice di aver pianificato l' attentato fin dal 2017. E di aver scelto quale teatro di sangue le due moschee Al Noor e Masjid, nel centro di Christchurch, solo lo scorso gennaio. «Brenton è cambiato quando ha iniziato a viaggiare oltreoceano», sostiene Marie Fitzgerald. «Da allora questo ragazzo si è trasformato».

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Inchiesta in dieci Paesi

Tarrant è stato due volte in Turchia nel 2016, a marzo e ad ottobre. Ha raccontato di essere andato in Pakistan, in Corea del Nord, in diverse città francesi. Lo scorso anno, a novembre, era di certo in Bulgaria: arrivato con un volo da Dubai il 9 novembre, ha affittato una macchina e ha viaggiato per una settimana da Sofia fino a Pleven, Gabrovo, Blagoevgrad, Pernik. Poi ha preso un aereo per Bucarest, e da qui si è spostato in Ungheria. Sono le settimane che precedono la maturazione dell' idea di uccidere i musulmani di Christchurch.

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Con chi ne ha parlato? Chi ha incontrato? Gli apparati antiterrorismo di dieci Paesi, compresa l' Italia, stanno lavorando per decifrare l' enigma.

L' MI5, il controspionaggio inglese, indaga sui contatti con gli estremisti nazionalisti britannici, analizzando la consistenza dei molti riferimenti alla Gran Bretagna inseriti nel manifesto suprematista, a cominciare dalla minaccia di uccidere il sindaco di Londra Sadiq Khan. Inchieste anche in Francia, Bosnia, Croazia.

 

In Italia, dove Tarrant non risulta essere mai passato, la polizia di Prevenzione sta cercando comunque di capire se il nome di Luca Traini, scritto su uno dei due fucili simil-militari usati per la strage e modificati artigianalmente, gli sia stato indicato da qualcuno oppure sia tutta farina del suo sacco.

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Il celluare e la rete

La dinamica del Venerdì 15, secondo l' antiterrorismo neozelandese, è ormai accertata.

Quel che ancora manca è la rete, gli eventuali complici, capire se qualcuno sapeva ed era stato avvertito. Due dei tre arrestati dopo il massacro sono stati rilasciati, il terzo è accusato di porto d' armi abusivo, ma non pare legato a Tarrant. Cruciale è ricostruire i suoi contatti attraverso l' analisi della memoria del cellulare, i tabulati e lo storico della navigazione su Internet.

 

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 La polizia non ha ancora rivelato dettagli sull' eventuale uso di chat protette o dei social network, sta ancora vagliando le tracce digitali lasciate nei forum di estrema destra. Mentre all' obitorio di Christchurch a rilento va avanti il riconoscimento delle 50 salme (tra cui quella di Mucad Ibrahim, 3 anni appena), e la premier Ardern si prepara a stringere la normativa sul porto d' armi, la vita del terrorista Brenton Tarrant, "quite" e "unremarkable", rimane un mistero.

 

2. "HO SENTITO MIO FIGLIO MORIRE AL TELEFONO"

Fabio Tonacci per ''la Repubblica''

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Ha sentito suo figlio morire al telefono. «Mamma, c' è qualcuno nella moschea... è entrato e ci sta sparando», è riuscito appena a dirle il suo Hamza, 16 anni, mentre Brenton Tarrant scaricava il fucile nella moschea Al Noor su Deans Avenue. Nella voce aveva l' affanno di una fuga disperata, mano nella mano con il fratellino tredicenne Zaid. Poi il cellulare è diventato muto. «Per 22 minuti ho provato a richiamare mio figlio», racconta ora Salwa Mustafa, ricoverata all' ospedale di Christchurch.

 

«Squillava ma non rispondeva nessuno. Alla fine qualcuno ha risposto al telefono e mi ha detto che Hamza non respirava più». Salwa Mustafa è in questa stanza del reparto di pediatria, lungo il corridoio 22. Zaid, il figlio di 13 anni sopravvissuto alla strage, è con lei. È stato colpito due volte alla gamba destra e all' addome, ma sta meglio. Hamza invece non c' è più. E nemmeno il marito di Salwa, Khaled.

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Ammazzati, come gli altri musulmani di Christchurch, nel venerdì di preghiera. «Hamza era il ragazzo più bello del mondo, tutti gli volevano bene perché era molto educato», sospira Salwa quando esce dalla stanza. Vorrebbe andare a fare una doccia, ma deve incontrare prima le psicologhe, poi gli agenti di polizia. «Sarà Dio a punire il terrorista, io per lui non provo niente. I miei angeli sono andati in cielo. Ho ancora nelle orecchie la voce lieve di Hamza, non se ne andrà mai».

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Alle pareti del corridoio 22 c' è un cartello disegnato dai bambini, con su scritto "Radio Lollipop". Accanto c' è Zara, la terza figlia di Salwa, che fa le bolle di sapone e non sta ferma un attimo. Secca, vivace, capelli castani e pelle chiara. Orfana di padre, privata del fratello maggiore. La famiglia di Salwa e Khaled era arrivata a Christchurch sette mesi fa.

 

Originari della Siria, avevano passato un lungo periodo come profughi in Giordania, poi era arrivata la chiamata dell' Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite e il trasferimento in Nuova Zelanda. Khaled aveva trovato lavoro in un maneggio, ferrava gli zoccoli ai cavalli. Si sentivano al riparo dall' odio xenofobo, lontanissimi dal terrorismo e da quelle violenze che avevano vissuto in Siria. Si illudevano di poter vivere in pace.

 

 

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