Raffaele Genah per “il Messaggero”
Si chiamava Shireen Abu Akleh, aveva 51 anni ed era il volto di Al Jazeera che da molti anni raccontava con servizi e reportage il conflitto senza fine tra israeliani e palestinesi. È lei l'ultima giornalista caduta sul campo, mentre alle prime luci del giorno cercava di documentare gli scontri nel campo profughi di Jenin tra militari e gruppi di palestinesi. Una delle tante operazioni avviate dopo gli attentati dell'ultimo mese.
LA SPARATORIA
Quest' angolo della Cisgiordania è considerato una delle zone più calde dell'intera area e si infiamma immediatamente all'arrivo dei soldati. La giornalista si trova in mezzo al fuoco di una sparatoria che divampa furiosamente. Non trova scampo.
Cade ferita a morte da un colpo che si fa strada tra il giubbotto antiproiettile e il casco protettivo e la raggiunge al collo. Accanto a lei, resta ferito un secondo giornalista, Ali al Samoudi, corrispondente del quotidiano al Quds (nome con cui gli arabi chiamano Gerusalemme). Le sue condizioni non sono gravi.
Sulla dinamica della sparatoria e sulle responsabilità dell'uccisione della giornalista della rete televisiva più seguita nel mondo arabo, parte immediatamente uno scambio di accuse tra governo ed esercito israeliano da un lato e i massimi rappresentanti dell'autorità palestinese insieme ai responsabili dell'emittente.
La reazione del governo israeliano è immediata e arriva sia dal premier Bennett, sia dai due ministri di maggior peso del suo esecutivo, Lapid e Gantz: «Secondo le informazioni di cui disponiamo c'è una considerevole possibilità che uomini armati palestinesi che sparavano incautamente abbiano provocato la morte della giornalista».
Opposta la versione da parte palestinese. Il presidente Abu Mazen parla di piena responsabilità israeliana, il primo ministro Mohamed Shtayeh invoca una condanna dell'intera comunità internazionale. Anche i vertici di Al Jazeera accusano del «terribile crimine a sangue freddo» il governo israeliano e «le forze di occupazione».
Ma Israele non sembra intenzionata ad assumersi la colpa di questa morte che fa molto rumore anche per la notorietà e il prestigio della vittima. E fa sapere di essere in possesso di un filmato che mostrerebbe un palestinese armato mentre spara e in sottofondo una voce che parla in arabo e commenta a caldo che qualcuno è stato colpito, pensando probabilmente che il proiettile avesse raggiunto un soldato israeliano. Ma nessun militare ha riportato ferite e dunque, secondo questa versione si sarebbe trattato proprio del colpo che ha ucciso l'inviata di Al Jazeera.
L'INDAGINE
Il governo israeliano si è dichiarato anche disponibile ad avviare una indagine congiunta ma l'Autorità palestinese sostiene di non aver mai ricevuto tale proposta. E ha già eseguito per proprio conto l'autopsia. Impedendo in questo modo - commenta l'ambasciata di Israele in Italia - una trasparente e condivisa ricostruzione dei fatti.
La giornalista, nata a Gerusalemme e con un passaporto americano era molto nota e con una solida esperienza alle spalle, maturata prima di approdare nel 97 ad Al Jazeera presso diverse altre emittenti palestinesi, giordane, e in Europa a Radio Montecarlo e poi per le collaborazioni con istituzioni internazionali come l'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite. Le donne palestinesi la consideravano un simbolo e un riferimento della loro battaglia per l'emancipazione.
Con questa morte si allunga la scia di sangue che da oltre un mese e mezzo ha riacceso la violenza in Israele e nei territori palestinesi. Un'ondata di attentati da parte di terroristi islamici ha provocato la morte di 19 cittadini israeliani e negli scontri successivi di 30 palestinesi.
shireen abu akleh 2 shireen abu akleh 9 shireen abu akleh 10 Shireen Abu Aqleh reporter di Al Jazeera shireen abu akleh 1 shireen abu akleh 11 shireen abu akleh 3