1 - LA PACE DEI SESSI
Francesca Pierantozzi per “il Messaggero”
Thierry è arredatore d'interni, ha 59 anni, ha una bella vita e una bella famiglia a Le Mans e ha deciso di «condurre una crociata contro la sua virilità». Quella che la società gli impone, che il #MeToo ha fatto apparire spesso e volentieri come dominante e violenta, e che comincia ad andare stretta pure agli altri colleghi maschi. Come rivela una lunga inchiesta di Libération, gli stage per soli uomini, non sono mai stati così numerosi.
Non si tratta più dei triti club in cui ci si esibisce con sigari, prestanza e battutacce varie, ma scuole in cui imparare a comportarsi da uomini diversamente veri: ovvero non violenti, non molesti, non dominanti, non profittatori consenzienti di schemi sociali patriarcali. Ma anche per imparare (e per i professori è l'unico percorso che può davvero insegnare a comportarsi come si deve) a esprimere sentimenti che una secolare vulgata definisce debolezze e che invece non sono altro che segni di umanità, maschile e femminile: sensibilità, paura, vulnerabilità, piangere, sorridere.
IN FRANCIA In Francia ci sono corsi che esistono da decenni, ma che da quando è esploso l'Affare Weinstein incassano regolari sold out nonostante tariffe non proprio per tutte le tasche, che possono andare da 500 a 750 euro per tre giorni, pasti e alloggio esclusi. È il caso di Tantra hommes, creato nel 1998 da Jacques Lucas, psicoterapeuta di Montpellier. «Gli uomini che seguono i miei stages - ha spiegato a Libération - hanno perso i punti di riferimento. A volte vogliono liberarsi di problemi relazionali, in particolare con le donne, in casa ma anche al lavoro». Per arrivare a un equilibrio si seguono «sedute di connessione con la natura, ma anche di confronto con la propria nudità, soprattutto quando si ha un'immagine negativa di sé stesso».
Per gli esperti, questa de-brutalizzazione della virilità è il percorso più importante per sradicare comportamenti sessisti e violenti nelle relazioni uomo-donna. «Quando sono tornato dal mio stage, ha confessato Stéphane sempre a Libération, mia moglie mi ha trovato più aperto, più sensibile, più dimostrativo. Adesso mi è più facile mostrare amore e tenerezza senza pensare di essere considerato un effeminato». Questi stage di virilità tranquilla sarebbero molto più efficaci dei corsi di sensibilizzazione alle violenze - spesso organizzati da enti pubblici - per insegnare ai maschi a comportarsi bene e a orientarsi in quella che molti considerano la vita piena di trappole post #MeToo e non una semplice tappa nel progresso dell'umanità. Era stata proprio l'onda seguita al caso Weinstein ad ispirare alla sindaca di Barcellona Ada Colau il primo corso pubblico di «mascolinità positiva» per aiutare i maschi a capire che il latin lover può coabitare con una persona garbata.
Non tutti sono però pronti ad applaudire ai volenterosi che hanno deciso di seguire corsi di buone maniere maschili. «Nessuno può dire cosa accade dopo la cura, che tipo di rapporti hanno con le donne questi uomini quando tornano dai loro stage nella società, che continua a essere caratterizzata dalla dominazione maschile, il sessismo e il patriarcato», analizza il politologo canadese Francis Dupuis-Déri , autore di Crise de la masculinité, autopsie d'un mythe tenace, Crisi della mascolinità, autopsia di un mito tenace, appena pubblicato in Francia.
Gli risponde a distanza Christophe, 62 anni, ex ingegnere, che ha partecipato a diversi seminari di Sens et Conscience associazione fondata dall'osteopata Gérard Longuet che organizza regolari stage per coltivare una virilità positiva: «Al termine dello stage assicura Christophe ho capito che una donna non deve essere sottoposta alla dominazione maschile. Adesso sono più in ascolto e anche più rispettoso nei confronti dei miei figli che, purtroppo, ho cresciuto come puri prodotti del patriarcato.
Durante questi stage ho imparato ad accettare le mie emozioni, ho imparato anche ad accettare di piangere. E finalmente ho smesso di stringere i denti, di battermi per essere o sembrare forte a qualsiasi costo».
I NOSTRI ALLEATI Noella Bugni-Dubois, 29 anni, femminista e animatrice del profilo Instagram Nos alliés les hommes (i nostri alleati uomini), che conta il 40 per cento di maschi sui suoi 38 mila abbonati, si complimenta per questi sforzi accademici degli uomini, ma anche lei dubita che gli stage possano avere un reale effetto sulla società: «È sicuramente positivo prendere coscienza di un'educazione personale basata sulla virilità e far cadere la maschera, ma si tratta pur sempre di percorsi personali e in un certo senso spirituali, sono progetti che non superano mai il livello dell'intimità per farsi politica».
2 - «I MOVIMENTI FEMMINILI IRRIGIDISCONO I RAPPORTI EDUCHIAMO ALL'AFFETTIVITÀ»
Valeria Arnaldi per “il Messaggero”
Comunicare le proprie emozioni, dialogare con l'altro sesso e relazionarsi con la partner in modo equilibrato. Mentre all'estero sono nati corsi per gli uomini per fronteggiare la crisi dell'identità maschile, nel nostro Paese le lezioni sono incentrate su sentimenti e comunicazione empatica, anche come contrasto alla violenza di genere. Giancarla Tisselli, presidente APS Psicologia Urbana e Creativa per la quale, in Emilia-Romagna, conduce corsi su I sentimenti degli uomini, perché nel nostro Paese gli uomini devono essere «educati» a comprendere le proprie emozioni?
«In materia di consapevolezza della disparità di genere, in Italia siamo in ritardo rispetto ad altri Paesi europei. È una questione culturale. Qui è ancora forte la cultura maschilista, anche machista, che favorisce gli atteggiamenti prepotenti degli uomini. Molti tra quanti maltrattano le donne non si rendono neppure conto che lo stanno facendo».
Come è possibile?
«Gli uomini sono abituati a mettere in atto maltrattamenti psicologici per mantenere una condizione di potere. Ciò non si manifesta necessariamente nella violenza propriamente detta, ma magari nella critica, fatta ridendo, come se fosse un gioco, che però ferisce l'identità di chi ne è oggetto e mira a ridurre o mantenere la donna in una condizione di sottomissione».
La maggiore consapevolezza femminile, con il MeToo ma non solo, ha aggravato i comportamenti di alcuni uomini?
«Alcuni adulti stanno portando avanti con ancora più rigore il sistema patriarcale dei loro padri e nonni, secondo cui l'uomo è al comando e la donna al servizio. E diventano un esempio per taluni giovani. Altri si stanno modernizzando. Il modello peraltro è stato assimilato anche da tante donne, che, a volte, non capiscono di essere maltrattate».
In che modo si interviene dal punto di vista educativo?
«Le prime lezioni che gli uomini devono apprendere sono che c'è sempre un'alternativa alla violenza e che la responsabilità è del violento, non è condivisa con la vittima. Devono imparare a riconoscere le proprie emozioni. L'educazione all'empatia e all'affettività dovrebbe essere insegnata a scuola. Non si può pensare solo alla logica, bisogna insegnare agli uomini a entrare in contatto con i propri sentimenti».
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