Matteo Lupetti per www.vice.com
La “I” del titolo del videogioco I Am Jesus Christ di SimulaM e PlayWay è rappresentata come un Gesù che levita nell'aria con le braccia allargate, nella posa della sua ascensione in cielo.
Perché in I Am Jesus Christ interpreto… sì esatto… interpreto Gesù Cristo - con visuale in soggettiva—da appena prima del suo battesimo per mano di Giovanni Battista sino alla crocifissione e alla resurrezione.
Fare un videogioco del genere vuol dire—è inutile nasconderlo—produrre materiale destinato ai meme, ma I Am Jesus Christ è un’opera con intenzioni serissime e segue quasi alla lettera il racconto dei Vangeli. “È un problema che abbiamo avuto già con i nostri trailer ma beh… qualcuno deve pur fare questo gioco,” mi risponde via email Maksym Vysochanskiy di SimulaM quando gli chiedo se non teme il “potenziale memetico” della sua opera. Se non teme di essere perculato, ecco.
“In sintesi, qualcosa come venti anni fa quei cartoni in computer grafica come Shrek e Toy Story mi fecero pensare a come sarebbe stato bello avere un’opera simile ma su Gesù Cristo,” continua Vysochanskiy. “Quell’idea, nel tempo, è diventata un videogioco, che l’editore PlayWay ha deciso di pubblicare.”
PlayWay pubblicherà anche Moses: From Egypt to the Promised Land di Hyper Studio—un videogioco incentrato sulla storia dell’esodo del popolo ebraico dall’Egitto—e la stessa SimulaM ha annunciato anche un simulatore di costruzione e gestione dell’arca di Noè. Un gestionale dell’arca di Noè mi sembra tra l’altro un’idea brillante, e pare proprio che ci troviamo in un’epoca di grande vitalità per i videogiochi di ispirazione biblica.
La versione di prova di I Am Jesus Christ che ho potuto giocare dura circa due ore ed è ancora a uno stadio chiaramente preliminare, quasi esplorativo. O almeno spero. Mi pare comunque chiaro cosa SimulaM stia cercando di fare: una serie di scene che adattano in chiave videoludica—come piccoli momenti giocosi—gli episodi della vita di Gesù, legate da filmati in computer grafica che le contestualizzano anche grazie alla recitazione di passi dei Vangeli.
Il gioco inizia con la ricerca di Giovanni Battista: devo interrogare i miei compaesani per scoprire dove si trova e dopo averlo scoperto devo raggiungerlo senza morire di fame nel percorso, raccogliendo frutti dai cespugli per tenere piena la barra della mia salute/sazietà.
Fin qui le idee di I Am Jesus Christ sembrano solo un po’ raffazzonate, ma la situazione degenera rapidamente: nel livello successivo devo digiunare nel deserto mentre gli angeli mi addestrano a combattere. Perché in I Am Jesus Christ c’è un sistema di combattimento, e nessun tasto fa porgere l’altra guancia. Con un tasto posso invece respingere al volo le palle di energia che mi vengono lanciate da Satana mentre lo fronteggio in un cratere in cui affiora magma.
E per farlo devo ogni tanto fermarmi a pregare e ricaricare il mio “spirito santo” consumato dall’uso dei poteri, perché il rischio è di finire “out of holy spirit,” come dice il gioco. “A secco di spirito santo.” Un problema che sono convinto il Gesù vero non abbia mai avuto.
Dopo aver sconfitto Satana inizia la predicazione di Gesù e il suo viaggio verso Gerusalemme. Quindi, distruggo malvagi cristalli posti da Satana nelle città della Palestina (questa parte non me la ricordavo nella Bibbia), risolvo puzzle in una dimensione celeste per sbloccare nuovi miracoli (anche questo non me lo ricordavo) e poi uso i miracoli nella mia predicazione.
Pesco magicamente pesci per convincere i pescatori a unirsi a me (Luca 5,1-11), trasformo l’acqua in vino per salvare un matrimonio (Giovanni 2,1-11) e mi miniaturizzo per entrare nel corpo di un ragazzino e distruggere i virus terribilmente simili a quelli di SARS-CoV-2 che lo stanno uccidendo (Siamo fatti così 4,46-54).
Nonostante le buone intenzioni, l’adattamento è insomma frammentario e sgangherato. Ho chiesto a Vysochanskiy se davvero pensa che sia possibile realizzare un videogioco cristiano, e mi ha risposto che non vede perché non sia possibile, giacché esistono tanti libri e film dedicati al cristianesimo e alla vita di Gesù.
Capisco il suo punto di vista. Il primo lungometraggio dedicato alla vita di Gesù mi risulta essere stato distribuito già nel 1912: è From the Manger to the Cross; or, Jesus of Nazareth di Sidney Olcott. Poi ci sono—per fare qualche esempio—Il re dei re di Nicholas Ray del 1961, Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini (1964), il musical Jesus Christ Superstar di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber portato al cinema da Norman Jewison nel 1973, Il Messia di Roberto Rossellini (1974), la miniserie del 1977 Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli, il controverso La passione di Cristo di Mel Gibson del 2004 e lo splendido Io sono con te di Guido Chiesa (2010).
Molte di queste opere sono state grandi successi: La passione di Cristo ha incassato più di 600 milioni di dollari con un budget di produzione di appena 30. Per incassare meno di cinque volte tanto—quasi 2,8 miliardi di dollari—Avengers: Endgame ha dovuto spendere dieci volte quel budget. E se il cinema ha saputo raccontare la vita di Gesù in tanti modi diversi e con tale successo non è strano pensare che il videogioco possa fare altrettanto se davvero è ormai un medium maturo che fa i soldoni come viene spesso detto.
Invece mi domando se non ci sia qualcosa di profondamente incompatibile tra il cristianesimo e il videogioco, il medium videoludico. O almeno tra il cristianesimo delle origini e come è oggi tradizionalmente inteso il videogioco. È chiaro che I Am Jesus Christ fatica a tradurre la vita di Gesù in meccaniche da videogioco, a trovarmi cose da fare e sfide da superare. Qualcosa non torna.
“Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre,” si legge nel Vangelo secondo Matteo. “E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. [...] Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? [...] Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.”
È una filosofia totalmente opposta a quella dei videogiochi. Nei videogiochi devo costruire granai per ammassare la risorsa “grano” e passare ore a uccidere goblin per avere abbastanza soldi e poter acquistare l’armatura figa. Nei videogiochi ho obiettivi, sfide bilanciate alle mie capacità, enigmi da risolvere, nemici da sconfiggere e ricompense spesso immediate e chiare per le mie azioni. Secondo l’insegnamento di Gesù, invece, chi ha ottenuto il punteggio inferiore e langue in fondo alla classifica, chi ha fallito in parte o del tutto nella missione, sarà il primo a ricevere una ricompensa, ma nel regno dei cieli.