Micol Ronchi per www.mowmag.com
Care amiche e cari amici, oggi vi parlerò di una sottocategoria di una piaga moderna che dilaga sui social ormai da qualche tempo e che non ha, almeno qui, ricevuto l'attenzione che merita: la chiameremo tra noi "la sindrome di zio Tobia: foto al cazzo e premi invia". Dopo un'introduzione che fa ingloriosamente il verso ai divini Angela e un po' a Luciano Onder, perché di problema medico può trattarsi, torniamo nella cruda realtà. Partiamo da un presupposto fondamentale: da quando ci sono i social qualunque cosa ha un prezzo, un valore quantificabile e tangibile.
Tutto (più o meno) si può vendere e tutto (sempre più o meno) si può comprare. E se i media hanno parlato di vendita tramite OnlyFans di peti in barattolo, di foto di ascelle non depilate, di acqua usata per lavarsi le parti intime e chi più ne ha più ne metta, non si è però finora approfondito "il mondo dick pic" in una sua peculiare perversione, molto più diffusa di quello che potreste pensare: il dick rating. Letteralmente “la valutazione del cazzo”.
Nulla di complicato, ma certamente la prima volta che qualcuno ti manda un messaggio del tipo “Ciao, potresti valutarmi “l'archibugio”? Penso d’avere un problema… bello grosso…" si rimane un po’ perplesse, le più sensibili forse addirittura traumatizzate. Ormai tutte almeno una volta nella vita abbiamo ricevuto un pene non richiesto in chat. Il Casto Divo (Immanuel Casto, per chi avesse lacune culturali) ci ha scritto un intero singolo uscito l’anno scorso, intitolato appunto “Dick Pic”. Certo, all’elenco di motivi per rimanere delusa dal genere maschile ci mancava solo questa: la richiesta di fare una valutazione che stia a metà strada tra l’andrologia e il ben più suino e vanziniano “è enorme, dammelo tutto.”
Ammetto che è un’esperienza che lascia piuttosto spaesate. Chiariamo: la maggior parte dei volponi che richiede un “dick rating” sa benissimo che deve pagare per ottenere quello che desidera. Su OnlyFans orde di content creator del mondo del sesso pagano l’affitto del garage così: a botte di "valutazioni penifere”. Le cifre vanno da 3 dollari (il prezzo minimo per pagare una tip su OnlyFans) ai 200 dollaroni. Un costo così alto di solito è corredato da video arrapato dove la protagonista in mutande ti fa sapere quanto vorrebbe prima o poi provare il tuo anaconda, video al 99% seguito dallo scambio messaggistico: ”Peccato per la distanza” / “Viviamo tutti e due a Milano” / “Sì, ma domani mi trasferisco in Groenlandia”.
Il dick rating non è una pratica esclusiva di OnlyFans, ma certamente una richiesta come quella all’interno di una piattaforma che vende anche contenuti pornografici su misura non risulta fuori luogo. I fanatici della “pagella al pene” non conoscono però né frontiere digitali né paura di denunce. Loro sono tutti “solo arroganza e portafoglio", per parafrasare un noto film, disposti a spendere per una cosa e una soltanto: che più femmine possibili (e tra di loro un folto numero di sex worker/sex content creator, meglio se famose) vedano il loro batacchio ed esprimano un’opinione "spassionata" in merito.
Personalmente mi è successo due volte su Instagram: i proprietari dei falli mi avevano mandato la foto senza chiedermi il permesso di poterlo fare (e secondo le regole del Dick Rating Club - Palahniuk perdonami - bisogna sempre chiedere il permesso prima, non è sexting: è un’esame), allegando la seguente domanda: “Cosa ne pensi del mio cazzo? Mi daresti un voto? Fai dick rating?”.
Non ho risposto e quindi non ho guadagnato un euro (pudore infame), ma posso confidarvi che sì, un'opinione l’avevo: entrambi piccoli ed entrambi con evidenti problemi al prepuzio, uno dei due particolarmente rosso e gonfio - voto 4 per entrambi i falli fallati seguendo i parametri di igiene e “appaganza”. Ovviamente, se avessi accettato di essere pagata avrei elargito a entrambi un 8 condito da complimenti, ricchi premi e cotillon.
Ma non accade sempre così: dopo varie analisi e confronti con amiche creator su OnlyFans, ho scoperto che la richiesta di un voto non arriva necessariamente da casi clinici, da misure ridotte, da incell che non vedono una donna da 10 anni. No.
Tra i fanatici del dick rating ritroviamo la più varia e avariata fauna:
peni normalissimi con bisogno di conferme e depilazione,
peni storti ma probabilmente efficaci,
vari ed eventuali falli bisognosi non di amore ma cure mediche (dai funghi alle escoriazioni passando per strane malattie virali asiatiche),
giovani piselli universitari ben dotati e perfettamente alla moda (ovvero depilati fino a punti che non si pensava potessero necessitare di rasoio), che accostano al proprio pene confezioni di deodorante per dare meglio l’idea delle proporzioni,
occasionalmente “augelli” talmente grossi che i loro (normalmente bruttini) proprietari non riescono ad avere rapporti con una donna da anni. Peni di dimensioni così importanti da farti sorgere una domanda: “ma è un fotomontaggio?” Spesso no. Perché chi ha dimensioni così ingombranti non si limita alla foto, ma sente il bisogno di lasciarti una prova tangibile del miracolo: il video. E già dal video la sensazione di pericolo in cui puoi sentirti di fronte a una misura del genere è palpabile. Solo a vederli ti passa la voglia di sederti su qualunque superficie rigida.
Non per distruggere le speranze di migliaia di lettrici, ma non esiste una categoria sociale/economica che non si palesi tra gli appassionati del genere: dal brillante avvocato newyorkese all’operaio della profonda Brianza, dal medico pluri-specializzato al diciannovenne che spende quello che gli ricarica la mamma sulla carta prepagata. Nessuno si salva e tutti pagano per avere quello che non avranno mai: l’ammirazione (in realtà inesistente) a pagamento di una donna che non vedranno dal vivo nemmeno dietro lauto compenso.
Anche perché a furia di farsi pagare per valutare peni, più di qualcuna è riuscita a comprarsi auto e orologi di lusso, nonché a farsi il wallet di cripto-valute. E anche se il mercato del cripto può andare in crisi, quello degli sfigati che pagano per palesi bugie, no. Quello è fiorente. Voto, al mercato, 10.