Daniele Erler per il “Fatto quotidiano”
Forse qualche nonnina si sarà accorta di quello strano viavai di giovani palestrati, in due case di riposo della provincia di Trento. Non erano nipoti particolarmente prestanti, in visita caritatevole a qualcuno degli ospiti. Gli ambulatori di quelle case di riposo erano infatti diventati il punto di riferimento di sportivi e frequentatori di palestre. Lì gli atleti si dopavano con sostanze illegali, a volte anche praticando l' autoemotrasfusione: il prelievo e la re-infusione di sangue. E così, fra cateteri e pannolini, erano spuntati i farmaci proibiti per eludere gli eventuali controlli antidoping.
È quanto è emerso da un' indagine, dal nome evocativo di "Big boy", coordinata dal procuratore capo a Trento, Sandro Raimondi, con il sostituto Davide Ognibene. I carabinieri del Nas hanno eseguito nove ordinanze di custodia cautelare per altrettante persone, provenienti da varie zone del nord Italia: dalle province di Trento, Bolzano, Brescia, Bergamo, Cremona, Modena e Viterbo.
Facevano parte di un' organizzazione per il commercio di farmaci dopanti. Alcuni di loro sono accusati di esercizio abusivo della professione sanitaria di fisioterapista e dietista. Ma nell' inchiesta è stato coinvolto anche un medico geriatra, direttore sanitario delle due case di riposo trentine.
Fermati anche due personal trainer, molto conosciuti nell' ambiente per i loro risultati nelle competizioni di body building. Secondo un report pubblicato dal ministero della Salute, più del 2 per cento degli atleti amatoriali, sottoposti a controlli antidoping, sono risultati positivi. Il fenomeno è però più diffuso in quelli che superano i 39 anni, già considerati anziani fra gli sportivi. E forse proprio per questo avevano scelto la casa di riposo, come luogo perfetto per doparsi.