Andrea Galli per www.corriere.it
Strano, stranissimo personaggio, il 73enne ex commerciante (E.J.A. le sue iniziali). Nato in Libia, da una vita a Milano, vedovo, padre di tre figli che abitano altrove, proprietario di oltre centocinquanta metri quadrati in via Vincenzo Monti, a breve distanza da Citylife, era soprattutto un rifornitore di droga per i ragazzini di mezza città.
Venivano anche da quartieri lontani, i minorenni usciti da scuola e in cerca di hashish e di marijuana di buona qualità. Lui era una garanzia, come conferma la sua fedina penale (era stato arrestato nel 2017 sempre per spaccio, gli sequestrarono un chilo e mezzo di marijuana) e come conferma la rigorosa organizzazione nell’elegante abitazione: bilancini di precisione, cellulari e sim, tablet, diversi barattoli di vetro che contenevano differenti tipologie di droga, denaro liquido, e strumenti per il confezionamento come coltelli e forbici di piccole dimensioni.
Il 73enne, da quell’appartamento, non usciva mai. Una presenza impalpabile, nel palazzo. Non fosse per il sempre più frequente pellegrinaggio di adolescenti. Il commissariato Sempione diretto da Anna Laruccia ha operato indagini e arresto. Il 73enne è finito dritto in carcere, a San Vittore.
Una delle caratteristiche delle direzioni di Laruccia è l’esortazione al lavoro di strada, con la centralità delle squadre investigative. L’attività vera degli sbirri del resto è questa, altrimenti senza informatori, sopralluoghi e pedinamenti puoi anche pregare ma i risultati non arrivano. La cattura di E.J.A. rientra in una due giorni, tra venerdì e sabato, che ha visto il commissariato Sempione impegnato in altre zone nella caccia a spacciatori.
Ma il colpo grosso rimane l’ex commerciante. L’indagine è ancora in pieno svolgimento. L’analisi dei suoi apparecchi elettronici fornirà elementi interessanti. Davanti agli investigatori, E.J.A ha taciuto. Per reale stanchezza oppure, più probabile (il soggetto è furbo e smaliziato) per prendere in giro chi lo interrogava. Forse conta sull’età per uscire tra poche settimane di galera e magari finire ai domiciliari. Non sembra versi in drammatiche condizioni economiche che hanno potuto «obbligarlo» allo spaccio. È stata una sua scelta, come era successo in occasione del precedente arresto.
I barattoli trovati dagli agenti non erano stati occultati. Stavano in bella mostra su un tavolo. Erano sedici, ognuno con una lettera incollata al vetro a designare le specificità della singola droga. Ulteriori «notizie» raccolte sul territorio hanno consentito alla squadra investigativa del commissariato di accertare la fama a Milano del 73enne, perché giovani e giovanissimi lo conoscono. Del libico si parla in corridoi di licei e scuole medie, tanto da renderlo comunemente noto come «nonno droga» oppure «nonno pusher».
All’incalzare degli inquirenti che gli hanno messo davanti l’oggettività dei dati, per appunto vendere stupefacenti a minorenni, non ha aperto bocca né, racconta chi ha potuto assistere all’incontro, ha concesso una qualsiasi espressione facciale, anche minima, a documentare una sorta di dispiacere, un minimo pentimento, magari pure recitato. Nessuna commedia. Un navigato soggetto che fa il duro e che non concede sconti, dietro vestiti costosi, occhialini da intellettuale e modi cortesi. Sembra che lo stupefacente gli venisse consegnato a domicilio. Il suo passato, del quale abbiamo già detto, invita a non considerarlo il solito insospettabile che si presta a smazzare per conto dei veri spacciatori. Dunque un semplice figurante. Niente di tutto questo. Il vero giro è più ampio e articolato, e forse il reiterato silenzio è (anche) una protezione verso altri importanti pusher del quartiere.