Claudia Guasco per “il Messaggero”
Per chi è scappato quando le bombe hanno cominciato a devastare l'Ucraina, la fuga è stata gratis. Ma poiché anche la guerra ha le sue leggi di mercato, mettersi in salvo ha un prezzo. Prima bastavano 200 dollari a persona e ora, raccontano i profughi che arrivano all'hub della Stazione Centrale di Milano, si arriva a 500. Un giro d'affari che prospera nel sottobosco delle frontiere, animato da figure intraprendenti e poco inclini alla solidarietà: autisti, doganieri o semplicemente chi ha ancora un'auto e sa come procacciarsi la benzina. Sono ucraini, bielorussi e rumeni che, con l'onda di un popolo terrorizzato che si riversa ai confini, fiutano l'odore dei soldi.
I CORRIDOI Il viaggio della speranza per superare il confine ha un costo e continua a salire. Niente di strano, ma sentirlo raccontare da Angela, 45 anni, di Cernivci, e da Anna appena arrivata da Kiev dà la misura di un fenomeno che non ha nulla di improvvisato. Ci sono le chat su Telegram per chi cerca passaggi, chi parte con le merci e torna con le persone. Il traffico ha mappe precise e tariffe più o meno codificate.
Come spiega un missionario che opera in Romania ed è in contatto con i profughi, «esistono tre corridoi: quello polacco, quello rumeno di Siret e quello di Odessa». Chi tenta di varcare il confine con la Polonia trova anche pullman vuoti, ma il varco alla dogana è contingentato. «Vuoi entrare? Paghi. Quattrocento euro a persona». Il corridoio a Siret invece è libero ma il cammino si blocca al confine con l'Ungheria, anche qui servono 400 euro per approdare a uno dei tanti campi per rifugiati.
Infine il corridoio di Odessa, il più complicato. «Qui il rischio è alto, si spara per strada, medicine zero, si beve l'acqua che cola dalle grondaie. Perciò il prezzo sale», spiega il missionario. «Ai 400 euro più o meno di base del trasporto, se ne aggiungono altri 500 per trovare qualcuno che abbia fegato di portarti fuori dalla città». Sotto al tendone della protezione civile, Angela conferma tutto.
«Ci sono anche alcuni ucraini che da anni vivono in Italia e ora hanno convertito il loro lavoro - riferisce - Prima facevano su è giù portando i pacchi dei connazionali. Adesso caricano le merci, le portano alla frontiera e tornano con i profughi. In tempo di pace bastavano 100 euro per un passaggio, oggi ce ne vogliono almeno 250. E dicono che i soldi servono a finanziare l'esercito».
LA CHAT Altri non fingono nemmeno il sostegno ai soldati. «Ecco, guarda questi messaggi su Telegram», mostra il telefono Anna. «Ciao, volete aiuto per uscire da Mariupol?», è la proposta. «Sì, per favore, stiamo male. La casa è distrutta, anche la cantina», la risposta angosciata. Subito arrivano le condizioni: «Tra due giorni possiamo portarvi via. Dovete versarci 2.000 euro, la metà subito con addebito sulla carta di credito, il resto dopo».
La famiglia ha capito che «quel Vladislav è un ladro e l'affare non si è chiuso», conclude amara Anna. Ma per un disperato che si tira indietro ce ne sono dieci che fanno la fila. Con richieste anche dal nostro Paese. «Vi prego qualcuno nelle vicinanze di Tal'ne che possa portare al confine due donne e una bimba di due anni. Sono disposto a pagare qualsiasi cifra», è il messaggio sulla pagina Italiani in Ucraina.
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