Giacomo Amadori per “La Verità” - Estratti
La giovinezza di Silvia, la ragazza che accusa di stupro Ciro Grillo e tre suoi amici, è costellata di episodi dolorosi. In aula, a Tempio Pausania, pochi giorni fa, la ventitreenne ha raccontato del suo rapporto tormentato con il proprio corpo e con il cibo, ingurgitato e vomitato, o dei digiuni prolungati.
Dell’uso di droghe come la cocaina, che sarebbe stata assunta, però, solo dopo l’esperienza traumatica con i quattro imputati. Poi, incalzata dalle domande (legittime) delle difese ha dovuto scavare nel suo passato, ripescando avvenimenti che forse avrebbe preferito dimenticare. Dalle brume dei fiordi della Scandinavia è riemerso il drammatico ricordo di un precedente (presunto) stupro, mai denunciato.
Il fatto sarebbe avvenuto mentre la ragazza si trovava in Norvegia con il padre, nativo di Oslo, per completare le scuole superiori, dopo aver lasciato Milano e il liceo classico alla fine del terzo anno per problemi con una materia a lei particolarmente ostica.
Noi siamo stati i primi a svelare questa storia e adesso gli avvocati delle difese, approfondendo l’episodio, vogliono probabilmente mettere in discussione l’attendibilità della testimone a causa delle reiterate e, per certi versi, contraddittorie accuse di violenza.
A Oslo la giovane sarebbe stata tradita dal suo migliore amico, il coetaneo di origine nicaraguense David Enrique Bye Obando, figlio di un giornalista ed ex parlamentare norvegese. Il resoconto della vicenda, considerando anche la giovane età della presunta vittima, non può che colpire.
Il 7 novembre scorso Silvia ha giustificato così la mancata querela: «Io ero comunque più piccola (aveva 17 anni e mezzo come David, ndr), in Norvegia avevo solo mio padre e in piu non l’avevo nemmeno detto a lui; inoltre, un mese dopo è venuta a mancare mia nonna, quindi sono dovuta rientrare in Italia e diciamo che il tutto l’ho abbastanza messo da parte, perché comunque dovevo stare vicino ai miei genitori, c’era altra sofferenza insomma».
La studentessa ha deciso di non denunciare anche per un altro motivo: «Non sapevo come si agisse, non sapevo nemmeno troppo il termine violenza a cosa si riferisse, perché quella era avvenuta con quello che reputavo il mio migliore amico. Cioè io, ingenuamente, non sapevo nemmeno che quella potesse essere una violenza, siccome era una persona cosi vicina. Adesso lo so, però, al tempo non sapevo nemmeno come definire il tutto».
DAVID ENRIQUE BYE OBANDO E IL FRATELLO
Lo stupro sarebbe avvenuto tra maggio e giugno del 2018. «Eravamo con la mia classe a fare un camping in Norvegia...» racconta Silvia, «i professori ci avevano accompagnato, poi loro se ne erano andati, noi siamo rimasti li, abbiamo tutti bevuto, tranne questo ragazzo, David, perché lui non si sentiva comodo a bere con persone che non conosceva. Io e David eravamo migliori amici in Norvegia».
A metterli in quella situazione imbarazzante sarebbe stato il caso. «Io non ero sicura fino all’ultimo di andare al camping perché avevo gli allenamenti di nuoto» continua la ragazza. «Avevano chiesto a tutti di mettersi a coppie per le tende e io ero rimasta fino all’ultimo senza mettermi con qualcuno, quindi ho chiesto a David: “Ti va se segniamo insieme i nostri nomi, poi nel caso, quando siamo li, ci cambiamo, cosi siamo liberi?”. “Okay”. La serata, si beve, si ride, qualsiasi cosa, poi e successo che...». Silvia tentenna: «Devo spiegare tutto? Oppure vado direttamente al punto?».
Le domande non si fermano e la ricostruzione della presunta vittima prosegue: «Beh, io ho provato ad andare dalle mie amiche, ma loro stavano gia dormendo, non sono riuscita a entrare in quella tenda, allora ho detto: “Vabbè, me ne torno a dormire in quella (di David, ndr)”». E mai scelta fu più sbagliata, almeno a volere credere alla ragazza. «È successo che mentre io stavo dormendo, lui mi ha penetrato e quando poi mi sono svegliata, mi sono accorta che ero da un lato, mi facevano tanto male le parti intime, ho provato a girarmi e lui mi ha coperto il volto e poi l’ho visto finire sul sacco a pelo».
Uno dei difensori degli imputati, Antonella Cuccureddu, chiede delucidazioni e Silvia conferma di essere stata violentata nel sonno: «C’è stato un rapporto mentre io dormivo». Il botta e risposta si fa incalzante. Avvocato: «Dentro il sacco a pelo?». Testimone: «Avevamo due sacchi a pelo, lui aveva aperto da un lato il mio e ha fatto questo mentre io dormivo».
il video di ciro grillo e vittorio lauria con la ragazza che dorme 3
Avvocato: «L’ha svestita?». Testimone: «Mi ha tirato giù i pantaloni». Il legale va avanti: «Lei con chi ne ha parlato di questo fatto? Con molte persone? Poche?». Silvia risponde tutto d’un fiato. I ricordi si accavallano, la turbano. Rammenta di essersi confidata con le sue due migliori amiche: «Io ne ho parlato con May, ma prima con Shaira […] non sapevo cosa fosse successo, ero molto confusa al riguardo, nel senso che io stavo dormendo e il mio migliore amico mi fa questo e, quindi, ero totalmente scossa.
Una volta tornata a casa, ne ho parlato con Shaira e lei mi ha detto: “Ma vogliamo andare dai medici e dalla Polizia”? Io non sapevo nemmeno perché dovessi andare e ho detto: “Sono viva, sono okay, mi e successa questa cosa brutta, però, non vedo perché...”. Nessuno mi ha mai spiegato: devi andare dalla Polizia, devi andare in ospedale.
Quindi le ho detto di no, mi sono messa la cosa alle spalle… successivamente ne ho parlato anche con May, perché lei era venuta in Italia…». La Cuccureddu le chiede se quell’esperienza le abbia lasciato dei segni e Silvia rivela: «All’inizio avevo un po’ di problemi a dormire, ma poi subito dopo sono tornata in Italia… comunque anche il fatto di lasciare per l’estate la Norvegia… poi appunto e morta mia nonna… quindi non ha influito tantissimo quanto questa vicenda…».
Il confronto con il presunto stupro al centro del processo è inevitabile:
«Per me sono due cose completamente diverse, siccome in una stavo dormendo, l’altra l’ho proprio vissuta con gli occhi aperti». Il difensore insiste, domandando se avesse sentito il bisogno di parlarne con uno psicologo.
Risposta: «Allora, io non ho avuto l’esigenza, ma al mio compleanno, sempre nel 2018, l’ho detto a mia madre, mi sono confidata con lei e lei mi aveva consigliato di parlare, di vedere qualcuno. Io ho visto una dottoressa una volta o forse due, pero, non mi piaceva, non vedevo perché dovessi andare e non l’ho più sentita, preferivo parlare con una persona vicina, tipo un’amica. Mi sentivo scomoda .Era anche molto più adulta di me. Era un po’ anziana, quindi non mi sentivo comoda».
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(…) L’avvocato chiede anche se abbia provato a parlare del vecchio stupro con il suo istruttore di kite surf in Sardegna, Marco G., e la studentessa conferma: «Con lui si, perché si era aperto con me su certe cose della vita passata. Io volevo un’opinione su questo, siccome non avevo denunciato […] gli ho raccontato cosa era successo».
E con l’allenatore ha affrontato anche la questione della notte da incubo a casa di Ciro & C., perché in quel momento era «l’unica figura “vicina” adulta» e la giovane voleva «capire come agire in questa situazione»: «Mi ricordo di aver iniziato a raccontare un po’ la vicenda, soltanto che lui si stava fumando una canna e quindi non lo vedevo molto attento e mi e passata la voglia di raccontare e quindi alla fine gli ho detto qualcosa, ma non sono entrata troppo nei particolari». L’uomo le avrebbe dato un suggerimento che l’aveva fatta sentire ancora più sola: «Era molto schivo e in più diceva di lasciar perdere perché poi magari si complicavano le cose o ci sarei rimasta io male, mi sarei trascinata una cosa dietro, insomma. Questo e stato il suo consiglio». Che lei non ha seguito.
il caso ciro grillo la ragazza alla lezione di kitesurf