Cesare Martinetti per “La Stampa”
Eravamo tutti greci, ascoltando la musica di Mikis Theodorakis, si ballava il sirtaki nelle sere d'estate, sapeva d'aria di mare ma più di tutto sapeva di libertà. È stata la colonna sonora di un sentimento che esorcizzava la paura di una «soluzione greca», vagheggiata dai fascisti italiani. È stato come partecipare a un'epopea resistenziale vissuta come un transfer emotivo per quel paese meraviglioso che a tutti aveva insegnato qualcosa.
In Italia, nessun colonnello al potere, ma un certo fremere di sciabole, un golpe abortito e il peso opprimente della strategia della tensione rendevano l'incubo se non possibile, realistico. Gli scontri nelle piazze si susseguivano, l'uccisione a Roma dello studente Mikis Mantakas (figlio di resistenti greci ma militante dell'Msi) nel febbraio 1975, ne fu la vicenda emblematica.
Al nome e all'inconfondibile musica di Mikis Theodorakis, morto ieri ad Atene a 96 anni, è rimasta perennemente associata l'ebbrezza di quegli anni, come un ultimo mito, che riscattava il resto della sua parabola esistenziale e politica costellato di un caotico e contraddittorio inseguirsi di prese di posizione che hanno avuto però un baricentro, l'unità dei greci, anzi la «grecità», come l'ha chiamata il suo biografo Guy Wagner.
Era nato il 29 luglio 1925 nell'isola greca di Chio, Egeo orientale, a uno sguardo dalla Turchia. Giovanissimo militante comunista nella resistenza, prima e dopo la fine della seconda guerra mondiale, durante la guerra civile, imprigionato e torturato, nel 1950 si diploma ad Atene, va a Creta e fonda la sua prima orchestra. Ma grazie a una borsa di studio arriva a Parigi, capitale di tutti i sogni.
Al conservatorio segue i corsi Eugène Bigot e Olivier Messiaen e diventa rapidamente un compositore classico apprezzato. Ma è allora che scopre la musica popolare greca e la militanza politica comunista diventa la molla per una scelta artistica che sarà la sua vita. Scrive il biografo Wagner che non voleva comporre per un pubblico borghese: «non voglio fare musica per quelli là». E s' è messo a comporre canzoni sui cicli di poemi anche classici.
Negli Anni 60 arriva la notorietà, mondiale. Prima firma la musica di Fedra con Melina Mercouri. Poi, nel 1964, la colona sonora di Zorba il greco, film di Michael Cacoyannis con Anthony Quinn come protagonista nel ruolo di un operaio macedone giramondo che negli Anni 30 incontra lo scrittore Nikos Kazantzakis (autore del romanzo da cui è tratto il film) e gli insegna la vita.
È una di quelle circostanze in cui musica, immagini, le storie narrate, l'interpretazione degli attori, il soffio del mare sulla costa di Creta si incrociano magicamente. Theodorakis inventa il «Sirtaki» una danza popolare che non esisteva e sarà il timbro di quegli anni, un simbolo politico contro la feroce dittatura dei colonnelli che schiaccerà la Grecia tra il '67 e il '74.
La danza di Zorba viene proibita, Theodorakis arrestato e deportato, nell'isola di Makronissos gli spartiti sequestrati al compositore vengono gettati al vento dai secondini e i deportati li usano come carta da toilette. Nel 1969, con le sue musiche e tratto da romanzo di Vassili Vassilikos, il film di Costa-Gavras Zeta l'orgia del potere vince l'Oscar per il migliore film straniero e il premio della Giuria di Cannes. I greci potranno vederlo solo a dittatura deposta, scoprendo così la storia del deputato Grigori Lambrakis, assassinato dai fascisti e a cui Theodorakis aveva dedicato il suo movimento politico clandestino.
Nel 1970 viene liberato grazie a una mobilitazione internazionale. Firmano per lui Dmitri Shostakovich, Leonard Bernstein, Arthur Miller, Harry Belafonte. A Parigi dà vita a un Consiglio nazionale della Resistenza per la libertà della Grecia. Incontra il poeta cileno Pablo Neruda, mette in musica il suo Canto General, un poema epico pubblicato anni prima in Messico che diventa un inno contro le dittature e che porta in una tournée mondiale.
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E a dittatura caduta, nel 1974, verrà replicato ad Atene come un «oratorio»democratico. Feroci polemiche hanno suscitato altri momenti della sua vita. L'appoggio ai governi conservatori di Karamanlis dopo la dittatura, e Mitsotakis negli Anni 90; alla Serbia di Milosevic; la denuncia della finanza americana ed ebraica nella crisi mondiale post 2008 nella quale è sprofondata la Grecia. Nel 2015 il suo appello contro il «tradimento» del primo ministro Alexis Tsipras per l'accordo con la troika, Fmi-Ue. Nel 2018 era ancora in piazza ad Atene, in sedia a rotelle. La sua musica e la sua presenza fisica hanno coperto un angolo di storia e la curva di un secolo. «Era l'ultimo leone greco», ha detto ieri la cantante Angelica Ionatos. Comunque la si pensi, Zorba ha danzato anche per noi. -