Edoardo Izzo per “la Stampa”
Ha segato le catene che lo tenevano bloccato al letto con una lima. Subito dopo, con i polsi sanguinanti e le caviglie ancora legate, ha chiesto aiuto alla vicina di casa: «Sono stato sequestrato da mio padre, non mangio e non bevo da due giorni. Ti prego aiutami». La vittima è Manuel (il nome è di fantasia per tutelarne la privacy), 16 anni, che - dopo anni di violenze e soprusi - ha trovato la forza per denunciare suo padre. «Mi picchia tutti i giorni e non ce la faccio più a subire in silenzio», racconta Manuel in lacrime domenica pomeriggio nella caserma dei carabinieri di Ladispoli.
«Questa volta si è arrabbiato perché non avevo eseguito bene i lavori di giardinaggio», denuncia il 16enne che aggiunge: «Dopo l' ennesimo schiaffo sono scappato di casa, ma poi ho fatto l' errore di tornare. Non volevo lasciare sola la mamma». Già, perché Manuel è il più piccolo di due figli, ma la sorella anni fa è scappata all' estero proprio per i burrascosi rapporti familiari.
«Mamma non è cattiva, anche lei è una vittima», afferma il giovane poche ore prima dell'arresto del padre, un 38enne romeno, fermato ieri mattina con le accuse di sequestro di persona e maltrattamenti in famiglia. Una storia drammatica avvenuta a Ladispoli, lungomare della Capitale. Tutto è partito martedì scorso quando Manuel, dopo l' ennesima lite avuta con il padre, ha deciso di allontanarsi da casa. Per due giorni ha dormito nelle stazioni ferroviarie di Santa Marinella e Termini, passeggiando in centro.
Un litigio scattato per un motivo banale, come spesso è avvenuto negli anni: dei piccoli lavori in giardino che Manuel avrebbe, secondo il padre, svolto «in maniera superficiale». Per questo il ragazzo, dopo essere stato picchiato, è scappato di casa e vi ha fatto ritorno giovedì pomeriggio.
Ad aspettarlo c' era suo padre, imprenditore nel campo dei traslochi, che lo ha picchiato e immobilizzato al letto per punizione. Su quel materasso Manuel ha passato l' intero fine settimana. «Ho spinto il letto con tutta la forza che avevo in corpo e ho raggiunto la cassetta degli attrezzi, lì ho trovato una lima e mi sono liberato», mette a verbale Manuel. A chiamare i carabinieri la vicina di casa, dalla quale il giovane si era rifugiato. «Ma cosa ho fatto di male? Sto insegnando l' educazione a mio figlio», si è difeso il padre. Ora sarà il tribunale dei Minorenni a decidere se togliere o meno la patria potestà al genitore.