1. GOOGLE, IL SUPER MOTORE DIVENTA A PAGAMENTO
Estratto dell'articolo di Riccardo Luna per "La Repubblica"
Google a pagamento è un ossimoro. […] Una cosa che fai fatica a immaginare, anzi che fanno fatica a immaginare anche nel quartiere generale di Mountain View dove, riferisce il Financial Times, un gruppo di ingegneri ci sta pensando: mettere a pagamento una versione premium del motore di ricerca, quella potenziata dall'intelligenza artificiale generativa della casa, Gemini. […] Eppure forse ha senso.
Quando Google era ancora una startup in un garage e debuttò sul world wide web, il 27 settembre 1998, due cose conquistarono tutti: la prima era la velocità con la quale metteva in ordine i migliori risultati, millesimi di secondo, sembrava magia; la seconda era la gratuità, quel servizio formidabile era gratuito! Incredibile. […] L'idea di profilare gli utenti e vendere quei profili agli inserzionisti è venuta dopo.
È per questo che Google è diventata una formidabile macchina da soldi ma è rimasta gratis […] Accanto a Google e al suo impero di servizi gratuiti (Gmail, le Mappe, Drive, Chrome, per citare i più usati), sul web sono nate e hanno prosperato moltissime imprese basate sulla gratuità […]: esempio, i social network.
[…] Questa pratica è diventata una teoria economica celebrata nel 2009 dalla rivista Wired in copertina e poi un un libro del direttore Chris Anderson, che era assurto al rango di guru con la teoria della coda lunga: Free, the Future of Radical Price ha fornito una giustificazione ideologica e anche un approdo confortante a quello che stava accadendo. Il futuro del mondo è gratis.
Ma questa visione prima ha iniziato a scricchiolare, poi è proprio franata. È stato l'irrompere della privacy a rendere impossibili, o molto più difficili, i traffici con i nostri dati. Google nel corso del 2024 eliminerà i "cookie di terze parti", cioè di altre aziende, che ingoiamo quando usiamo uno dei suoi servizi; e Facebook ha trovato il modo di fabbricare in casa i profili di utenti che condividono sempre meno cose e ogni tanto negano il consenso. Come fa?
È un discorso lungo ma sappiate che c'entra l'intelligenza artificiale. E arriviamo all'ultimo capitolo, il dilemma di Google: mettere a pagamento il motore di ricerca potenziato con Gemini? Il fatto è che questa intelligenza artificiale generativa costa un sacco di soldi e per ora genera pochissimi profitti. […] E anche Facebook da un po'ci propone la scelta: vuoi darmi i dati o preferisci abbonarti al servizio? La musica e il cinema poi, è da un pezzo che sono riusciti a farsi pagare lo streaming. L'era del tutto gratis sta finendo. Meglio così, in fondo era una finzione.
2. GOOGLE ALLA GRANDE SVOLTA AI A PAGAMENTO NEL MOTORE DI RICERCA
Estratto dell'articolo di Michela Rovelli per il “Corriere della Sera”
C’è un servizio che Google ha sempre mantenuto gratuito — in tutte le sue sfaccettature e le sue funzioni — ed è il suo motore di ricerca. Usato da oltre il 90 per cento degli utenti che eseguono ricerche online, è ancora oggi, dopo oltre 25 anni, la principale fonte di ricavi dell’azienda — rappresenta circa il 50 per cento del fatturato globale — grazie agli introiti delle inserzioni pubblicitarie. […]
Il Financial Times ha anticipato quale potrebbe essere la sua prossima mossa. Secondo il giornale britannico, Google ha intenzione di integrare i suoi modelli di AI all’interno del suo motore di ricerca, ma cercando una nuova fonte di guadagno: l’abbonamento.
Colto di sorpresa dal debutto — e dal successo — di ChatGpt, Google è in fretta corsa ai ripari lanciando sul mercato prima Bard e poi il suo successore, Gemini. Consapevole però che questi strumenti rappresenteranno un nuovo modo per ricavare informazioni online in modo più veloce ed efficace. I tempi cambiano e dunque il modello di business basato su abbonamenti che già tanti altri hanno abbracciato sembra essere diventata una soluzione per trovare nuove fonti di ricavo anche per la società di Mountain View.
Intendiamoci: il motore di ricerca, per come lo conosciamo oggi, rimarrebbe gratuito. […] Serve esplorare un modello alternativo di guadagno per diversi motivi. Sicuramente, di per sé, l’intelligenza artificiale generativa è costosa: consuma tanta energia e potenza di calcolo. Oltre a questo l’attività pubblicitaria ne risentirebbe perché l’utente, presumibilmente soddisfatto della risposta datagli da Gemini, non avrebbe più necessità di entrare nei siti suggeriti per approfondire le informazioni.
E questo apre anche un’altra questione, che sta a metà tra l’etica e il diritto d’autore: Gemini sfrutterebbe proprio quei siti per rispondere alle domande, usando — per allenarsi e per cercare informazioni — contenuti scritti da editori, giornalisti, blogger che però vedrebbero il traffico del proprio portale calare. […]
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