Elena Tebano per il Corriere.it
Il Tribunale ha ordinato al Comune di Milano di trascrivere integralmente, cioè di riconoscere a pieno titolo, l’atto di nascita con due padri di un bambino nato negli Stati Uniti grazie alla maternità surrogata. Il bimbo è figlio di un italiano e di un americano, regolarmente registrati come suoi genitori negli Stati Uniti. I giudici, basandosi su un’importante decisione della Corte Costituzionale di gennaio, hanno dichiarato illegittimo il rifiuto del Comune di riconoscere il bimbo come figlio alla nascita di entrambi i padri. E hanno riaperto la questione della tutela dei bambini delle coppie gay.
Il Comune di Milano nel 2018 aveva iniziato a registrare alla nascita i figli delle coppie di donne lesbiche concepiti grazie alla fecondazione eterologa effettuata all’estero, ma non quelli dei padri (a differenza di altre amministrazioni, come Torino). Poi a partire dal 2020, dopo la sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite che indicava «l’adozione in casi speciali» come via privilegiata per il riconoscimento dei figli di gay e lesbiche, aveva smesso del tutto con il riconoscimento alla nascita.
Mentre quest’ultimo è immediato e avviene con una semplice firma all’anagrafe, l’adozione in casi speciali, chiamata anche stepchild adoption, deve essere fatta per ordine di un giudice, dopo un’istruttoria con una perizia dei servizi sociali, e prevede diritti/doveri limitati rispetto alla piena genitorialità. Rischia quindi di creare figli di serie B, con meno diritti nei confronti dei loro genitori. Ed è per questo che a gennaio è intervenuta la Consulta per intimare al legislatore di tutelare appieno questi bimbi, altrimenti meno garantiti.
Bloccati negli States per mesi
Nel caso dei due papà di Milano la minor tutela aveva avuto conseguenze pratiche evidenti. «Nostro figlio è nato durante la pandemia: senza la trascrizione non poteva avere subito la cittadinanza italiana e quindi neppure i documenti che gli avrebbero permesso di tornare in Italia quando i viaggi internazionali erano sospesi» spiega il papà italiano, che ha chiesto di rimanere anonimo.
«Mio marito è dovuto tornare in Italia per lavoro poche settimane dopo la nascita del bimbo e noi due siamo rimasti bloccati da soli negli Stati Uniti per cinque mesi nei momenti peggiori della pandemia, finché non abbiamo avuto la stepchild adoption. È stato molto difficile».
«Soggetto incolpevole»
Ora il Tribunale di Milano ha sancito che, anche in assenza di una legge specifica del Parlamento, l’atto va trascritto e riconosciuto integralmente perché trattandosi di minori «la loro tutela non può essere sospesa a tempo indeterminato, nell’attesa che il legislatore vari la normativa», visto che la Corte Costituzionale ha «di fatto confutato la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite» che riteneva il bimbo nato da maternità surrogata «adeguatamente tutelato mediante l’adozione in casi particolari».
I giudici specificano che deve essere garantito in quanto «soggetto certamente “incolpevole” rispetto alle scelte operate da coloro che hanno contribuito alla sua nascita», anche quando comprendono una pratica illegale in Italia come la maternità surrogata. Dopo la decisione della Consulta c’erano stati dei riconoscimenti alla nascita per i figli di due donne, per esempio a Brescia, e uno su decreto del Tribunale di Cagliari. Ma questa è la prima volta che avviene nel caso di padri gay.
Soddisfatto l’avvocato Alexander Schuster di Trento, legale della coppia: «In attesa della legge, i bambini vanno tutelati subito e questa è la strada». Il Comune di Milano rimanda ogni valutazione alla lettura del decreto, che non gli è ancora stato trasmesso.