IL FAR WEST DELLE MASCHERINE - SEQUESTRI, DIROTTAMENTI E ''ASTE'' ALL'ULTIMO SANGUE DI MATERIALE SANITARIO: TUTTI CONTRO TUTTI (ANCHE) TRA ALLEATI, CON GLI AMERICANI ACCUSATI DI «MODERNA PIRATERIA», CHE SI RIPRENDE GLI SLOT DEGLI AEREI DA CARGO NATO CEDUTI A PAESI IN DIFFICOLTÀ. E TRUMP ABBASSA I TONI CON PECHINO IN CAMBIO DI AIUTI E FORNITURE

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Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera

 

Aerei carichi di mascherine N95 destinate alla Germania, «dirottati» verso gli Stati Uniti quando già stavano per decollare dalla Thailandia.

Un carico di respiratori acquistati dalla Spagna bloccato in Turchia dalle autorità locali che si giustificano con l' urgenza di curare i loro malati. I brasiliani, poi, dicono che la Cina sta dando agli Usa carichi di materiale sanitario anti coronavirus destinati a loro. E, mentre il ministro dell' Interno tedesco, Andreas Geisel, accusa Washington di «moderna pirateria», Valérie Pécresse, la presidente dell' Ile-de-France, il distretto amministrativo che comprende anche Parigi, parla di «caccia al tesoro»:

 

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«Ho trovato una partita di mascherine. Mentre le stavo acquistando sono arrivati gli americani - non parlo del governo - che me lo hanno soffiato: hanno offerto il triplo del prezzo che avevo pattuito pagando subito in contanti. Io, che uso denaro pubblico, non posso farlo». Ma nemmeno la Francia è senza macchia: la società svizzera Mölnlycke ha accusato le autorità francesi di aver bloccato e requisito un suo carico di guanti e mascherine destinato a Italia e Spagna.

 

Le notizie di sequestri e dirottamenti in transito di prodotti banali - guanti, maschere, camici - improvvisamente divenuti preziosissimi, si moltiplicano ovunque, a volte anche in modo confuso o poco comprensibile (non è chiaro perché del materiale destinato dalla Svizzera all' Italia debba passare dalla Francia). Ma una cosa è certa: l' emergenza Covid-19, esplosa contemporaneamente in tutto il mondo industrializzato, sta alimentando una guerra di tutti contro tutti a caccia di equipaggiamenti prodotti soprattutto in Cina. E, anche se si sono mossi in ritardo, in una battaglia da Far West gli americani giocano in casa.

 

«Pirati noi? Macché, è il contrario» reagisce Donald Trump. «Sono io arrabbiato con la nostra 3M che continuava a fornire preziosi prodotti sanitari all' estero». La multinazionale Usa che vendeva prodotti realizzati nei suoi stabilimenti asiatici in Europa, Canada e America Latina (sue anche le mascherine dirottate in Thailandia) aveva inizialmente respinto le sollecitazioni del governo sostenendo che «se non onoriamo i contratti, l' America subirà rappresaglie dello stesso tipo».

 

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Venerdì Trump ha tagliato corto trasformando l' invito in ordine: ha «militarizzato» la 3M sulla base della legge sulla produzione in tempo di guerra. A nulla sono valse le proteste del premier canadese Trudeau e di altri. Intanto gli Usa si stanno anche riprendendo le ore di volo degli aerei da cargo Nato che avevano ceduto ad altri Paesi in difficoltà. Ieri è toccato anche a un volo dell' Italia (per la quale, però, gli Usa continuano ad avere un occhio di riguardo).

 

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L' America, col record dei contagiati e, ormai, anche dei nuovi decessi, è con l' acqua alla gola. Trump, accusato dagli Stati dell' Unione di non fare abbastanza per aiutare le città più esposte, ormai a corto di respiratori e dove in alcuni ospedali si sta pensando di usare sacchi della spazzatura al posto dei camici, ha cambiato registro anche nel rapporto con la Cina. Dopo il colloquio della scorsa settimana col presidente cinese Xi Jinping, è stato messo a punto un programma di invio di materiale dall' Asia: 22 aerei che raggiungeranno gli Stati Uniti, tra donazioni e forniture pagate. Un accordo informale tra le due diplomazie con alcune appendici «private» (Jack Ma di Alibaba che regala a New York mille respiratori).

 

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Il confronto strategico tra le due superpotenze rimane durissimo, ma il presidente Usa ha abbassato i toni della polemica: la coincidenza tra gli invii di materiale e la menzione dei «virus cinese» scomparsa delle esternazioni quotidiane di Trump non è casuale. La settimana scorsa il G-7 dei ministri degli Esteri non è riuscito ad approvare un comunicato congiunto perché Mike Pompeo voleva che fosse menzionato a tutti i costi il «virus Wuhan». Un irrigidimento che avrebbe sorpreso anche la Casa Bianca. Forse il segretario di Stato ha tardato a prendere atto del cambiamento di rotta del presidente.

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