Pietrangelo Buttafuoco per il “Fatto quotidiano”
l'instagram di francesca pascale
Francesca Pascale può afferrare di sé - e su se stessa - qualunque cosa. Compagna di Silvio Berlusconi - che è benestante di suo, dunque garante di un' esistenza dorata - la volitiva Francesca può decidere di indossare qualsiasi destino con la stessa naturalezza con cui tutti noi scegliamo le calze al mattino.
Non fa la moglie bambina, non certo la sfasciafamiglie, non la mangiauomini e tampoco la timorata, o la favorita, o la domina - o chissà che tra i tanti ruoli de sexual personae - piuttosto lei è l' altrove di ogni esserci.
Come Maria Antonietta arriva dall' Austria per regnare gaia in Francia, così lei si lascia alle spalle la terragna matria campana per installarsi nella performance art dove ogni patimento, eventuale rifiuto o derisione è mera astrazione.
Come quei motocarri dove squilla la scritta "invidioso crepa!" lei fa proprio il chiassoso tumido e invitante progetto - godersela, nell' incurabile tormento della fugacità - alla faccia di chiunque le voglia male. Monella, sfrontata e divertita assai, Francesca Pascale sbarca su Instagram e moltiplica su di sé una mitologia affollata e autoreferenziale.
E se in qualche scatto concede allo zeitgeist l' ode all' amore senza genere e perfino degenere (mietendo la ola sugar-arcobaleno), in ben 21 post comunque offre la complicazione pittoresca di un punto di vista esterno al berlusconismo in sé ma, soprattutto, l' inarrestabile sua ascesa nell' orizzonte sociale.
Con la pompa di benzina in pugno si lascia alle spalle la tetra retorica della sociologia. Alice nel paese delle meraviglie qual è non trova tempo di pulire le tazze di tè. Pittrice - in lotta con quella parte di sé ancora da esplorare - Francesca Pascale non è sgraziata e goffa com' è tipico l' essere di tutti noi, gregge di strapaese. È bensì maschia, tonica, meccanica e pronta all' impersonale epifania del pop. Tutta la sua vita volge in forma astratta. Tutti i suoi happening - ogni singolo suo post inanella un evento - sono una estensione stroboscopica della trasgressione.
Come la pallottola altro non è che un buco fumante, così la combinazione di tuta, casco e rombo della Pascale è la réclame scorbutica - la rampante e gloriosamente solitaria fuga in motocicletta - di una scultura in azione. L' esibizione palestrata di curve sature, irreali e voyeuriste è una didascalia, anzi, un eccesso di disorientamento che trova avallo in un doppio ruolo: da un lato costruire un genere visuale, dall' altro proiettare di sé - ma sempre nel ruolo pubblico - l' ombra.
Ed è come quando la luna s' illumina del sole al tramonto. Francesca ha 10 figli che le scodinzolano intorno per farla felice. Come in un tondo rinascimentale - nel sotto testo che rimanda a un altare - è ritratta nella cornice di castagne, calice di rosso, candele e bacio. Nella scena fa capolino uno dei pargoli - 'u canuzzu - ma quella di Pascale, e il messaggio qui si esplicita, è famiglia.
Ed ecco il focus di quel furore mediatico cui urge un effetto dissolvenza affinché la sua icona si confermi factory per l' immaginazione popolare, facondia di una saga che abbia la nonchalance dei classici, altro che lo squittio - la citazione è da Lucio Dalla - di una qualunque "checca che fa il tifo".
Se il film di Chiara Ferragni è Unposted, volontà e la rappresentazione di una ragazza di Cremona nella scena internazionale, dunque uno Schopenhauer tutto di selfie, quello di Francesca Pascale è Wille e Vorstellung nell' home theater di casa Berlusconi dove lui è Sandro - che noia, che barba! - e lei è Raimonda.
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