A FORZA DI SPREMERE I MEDICI, VA A FINIRE IN TRAGEDIA – A TARANTO IL PRIMARIO DEL REPARTO DI MEDICINA DELL’OSPEDALE “GIANNUZZI” DI TARANTO MUORE D’INFARTO DURANTE IL GIRO TRA I PAZIENTI: “AVEVA LAVORATO 24 ORE DI FILA” – LA RABBIA DEI SINDACATI: “I MEDICI SOTTOPOSTI A SUPERLAVORO, TURNI INFINITI, SENZA I RIPOSI PREVISTI DALLA LEGGE O DELLE FERIE” - IL BLOCCO DELLE ASSUNZIONI IN PUGLIA HA CAUSATO UNA GRAVE MANCANZA DI PERSONALE SANITARIO…

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Cesare Bechis per il “Corriere della Sera”

 

GIOVANNI BUCCOLIERO GIOVANNI BUCCOLIERO

«Siamo sotto organico e Giovanni, come tanti di noi, faceva anche da tappabuchi. Martedì sera, arrivando in ospedale, ha lavorato dodici ore al Pronto soccorso. Poi, dalle 8 del mattino successivo, altre dodici in reparto rientrando a casa solo mercoledì sera. Giovedì mattina era poi regolarmente in reparto a fare le visite ed è morto praticamente in corsia». Nelle parole dei colleghi di ospedale, traspare lo sconcerto che si respira al «Giannuzzi» di Manduria (Taranto).

 

Giovanni Buccoliero, 61 anni a novembre, primario facente funzioni del reparto di Medicina, è morto stroncato da una collasso cardiaco attorno alle 8.30. Mentre faceva il giro tra i pazienti si è allontanato dicendo a quegli stessi colleghi che andava in bagno. «Ma non manifestava alcuna sintomatologia che lasciasse preludere ciò che è avvenuto», dirà alcune ore più tardi il direttore generale della Asl di Taranto, Gregorio Colacicco. Dal bagno, però, il dottor Buccoliero non è più tornato.

 

GIOVANNI BUCCOLIERO GIOVANNI BUCCOLIERO

Preoccupato del ritardo nel rientrare in corsia, un infermiere del suo gruppo è andato a controllare e lo ha trovato riverso a terra, dietro la porta. Aveva perso i sensi, non respirava più. Immediato l'aiuto con il massaggio cardiaco e i farmaci, sono accorsi i rianimatori e gli anestetisti, ma non c'è stato nulla da fare. L'arresto cardiaco è stato letale.

 

Sarà un'inchiesta aperta dalla Procura di Taranto a stabilire se c'è stato un nesso di causa-effetto tra le 24 ore di lavoro continuativo di Buccoliero del giorno precedente e la sua morte di giovedì mattina. Però la rabbia monta.

 

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Al «Giannuzzi», come in tanti altri ospedali, i turni di lavoro sono ormai massacranti e per garantire standard minimi di assistenza medica anche i dirigenti devono prolungare l'orario di lavoro e impegnarsi in altri reparti. Di fronte alla morte sul posto di lavoro di Buccoliero i sindacati di categoria sono insorti.

 

Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), aprendo ieri a Roma il Consiglio nazionale ha sottolineato «il grave disagio dei medici, sottoposti a superlavoro, a turni infiniti, senza possibilità di fruire dei riposi previsti dalla legge, o delle ferie».

 

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Il problema, in Puglia, è il blocco delle assunzioni che ha determinato la carenza di personale. Così tutti i medici, anche i dirigenti, anche alla luce della doppia emergenza Covid e caldo, in base a una disposizione dell'assessorato regionale alla sanità sono tenuti a garantire i turni anche nei Pronto soccorso.

 

Attualmente al «Giannuzzi» di Manduria i professionisti sono soltanto cinque e non riescono a coprire le esigenze del reparto. Per questa ragione Giovanni Buccoliero, secondo quanto hanno dichiarato alcuni suoi colleghi, martedì scorso ha dovuto sostenere dodici ore in questo reparto per poi farne altre dodici a Medicina.

 

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«L'ospedale di Manduria - dice il direttore generale Colacicco - come tanti altri è sotto organico e il personale deve farsi carico non solo dei propri turni. Il dottor Buccoliero era un gran lavoratore e non si sottraeva dal prolungare il proprio orario di lavoro. Da dirigente, in ogni caso, non sottostava a turnazioni prestabilite e si regolava sulle esigenze del proprio reparto». 

 

I carabinieri della Compagnia di Manduria hanno acquisito i tabulati dei turni e raccolto alcune testimonianze. Ieri sera, intanto, a Sava - città di residenza di Buccoliero in provincia di Taranto - si sono svolti i funerali. Vi ha partecipato una gran folla perché il professionista era molto conosciuto e apprezzato per le sue doti di umanità. Era sposato, lascia la moglie e tre figli.

 

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