Paolo Griseri per “il Giornale”
Lo dice sorridendo, come fosse scontato e normale pensarlo: «Certamente, prima di morire, il signor Michele avrà dato le disposizioni giuste. Siamo tranquilli, non succederà». Ezio Demaria, già sindaco con gli stivali ai tempi dell’alluvione del 1994, parla nel capannello davanti all’ingresso della Ferrero e tutti annuiscono rassicurati.
Sul marciapiede si affrettano gli albesi che approfittano della pausa pranzo per andare a salutare quello che Alice, una delle più piccole partecipanti al pellegrinaggio, chiama «il nonno della Nutella». La foto di quel nonno è appiccicata su tutte le vetrine di via Maestra, nel cuore di Alba, fatta ricca, nel corso dei decenni, dai redditi della fabbrica del cioccolato.
Il miracolo di nonno Michele sopravviverà alla sua morte? Di questo sussurrano i vecchi lungo la fila che si avvicina alla camera ardente. Ma, in fondo, ne parlano tutti. Perché nel giorno dei funerali dell’artefice di tante fortuna, il timore del futuro è forte. Per la prima volta in tanti anni, Alba ha paura. Le speculazioni della finanza si incaricano di confermare indirettamente quelle previsioni nere.
Analisti un po’ cinici le rilanciano a camera ardente aperta: Ferrero sta per vendere? I pretendenti sarebbero sempre i soliti: il colosso svizzero Nestlé e gli americani di Mars. Giovanni, il figlio che da cinque anni fa andare avanti l’azienda di famiglia, deve smentire con la stessa formula utilizzata dal padre due anni fa, quando in Borsa avevano cominciato a circolare quelle voci: «Ferrero non è, né sarà in vendita, se non per i suoi consumatori ». Tradotto: la Ferrero vende solo barattoli di Nutella. Astenersi pretendenti, ambulanti e perditempo.
Davvero, come scrive il Financial Times , «la fortezza dei Ferrero resisterà alle lusinghe delle banche»? Davvero quella che Sergio Marchionne definisce «una bella storia industriale » è destinata a proseguire nel tempo? Il timore di molti dei diecimila albesi sfilati ieri di fronte alla bara è che quella storia finisca, che un mondo stia tramontando. Che vada in pezzi l’equilibrio glocal che si può facilmente ricostruire dalle decine di corone di fiori addossate al muro dello stabilimento con i loro nastri: «Ferrero Usa» sta appoggiata di fianco a «Ferrero Rivalta Scrivia», «Ferrero Mexico», è sul muro proprio a due passi da «L’amministrazione di Dogliani».
Nella camera ardente, un capannone realizzato dove normalmente c’è l’area di carico delle merci, la corona del sindaco di Alba è insieme a quella di Paola del Belgio e dei Principi di Monaco. Glocal vuol dire anche che le auto dei dirigenti sono tutte con la targa del Lussemburgo (come la holding che governa il gruppo) ma sui cancelli ci sono gli orari dei «pullman destinati alle maestranze in occasione della cerimonia del 18 febbraio». È la stessa rete di trasporti aziendali che «nel corso del tempo ha garantito ai contadini delle Langhe di venire a lavorare in fabbrica continuando a coltivare le vigne», dice il sindaco Maurizio Marello.
Glocal infine vuol dire un misto di auto di lusso tedesche e madonne di Lourdes sparse in ogni angolo dello stabilimento e naturalmente di fianco alla bara, in simmetria con la corona del presidente della Repubblica. «La devozione alla Madonna di Lourdes — testimonia il prete che alle 19 recita il rosario — è stata una costante della sua vita. Partecipava ai pellegrinaggi». Non strano in una cittadina che continua a chiamare piazza Risorgimento piazza Duomo.
Tutto questo finirà? L’equilibrio fabbrica- campagna, quello non meno complesso tra le rive del Tanaro e i mercati mondiali, resisteranno al salto generazionale? O la «bella e solida avventura industriale» di cui parla Marchionne (arrivato in serata alla camera ardente insieme al presidente di Fca John Elkann) sarà destinata agli amarcord tra i pensionati della «Fondazione», vero motore del welfare locale? Più che al sorriso di Matteo Renzi, che questa mattina parteciperà ai funerali in cattedrale insieme ai reali del Belgio e al gotha dell’imprenditoria italiana, gli occhi degli albesi saranno attenti a quel che dirà Giovanni Ferrero.
È lui l’erede chiamato a guidare l’azienda negli anni di Google e dei social. Da lui dipende anche il futuro dei tanti che hanno vissuto il miracolo di Alba. Come la signora Angela, che si mette in coda davanti alla camera ardente e racconta orgogliosa di essere «stata portata a Genova per una malattia agli occhi. Portata, visitata e operata, tutto a spese dell’azienda ». Non è solo la paura di perdere i benefit a serpeggiare tra gli albesi. E’ il timore che, a poco a poco, si sgretoli una comunità, il piccolo grande mondo antico dell’ultima company town italiana.