Massimo Finzi per Dagospia
27 gennaio “Giorno della memoria della Shoà”. In Israele viene ricordato con una manifestazione semplice e al tempo stesso solenne e corale. L’urlo lugubre di una sirena lacera un silenzio innaturale per due lunghi minuti: tutte le attività cessano di colpo e le persone rimangono immobili nel posto dove si trovano in quel momento. Un modo dignitoso ma fermo per tramandare la memoria del sacrificio di 6 milioni di ebrei uccisi solo per il fatto di esserlo in nome di una presunta superiorità della “razza” ariana
Ai tanti amici che in questo giorno manifestano la loro sincera vicinanza esprimo la mia personale gratitudine accompagnata da un forte abbraccio. A tutti coloro che dimostrano pietà per gli ebrei morti di ieri ma negano il diritto alla difesa agli ebrei vivi di oggi, consiglio di astenersi dal recitare questo ipocrita rituale e raccomando vivamente di stare alla larga: “Oggi lasciatece piagne in pace”.
A questi ultimi che si annidano in quasi tutte le forze politiche consiglio una lettura accurata della storia soprattutto della regione mediorientale e, se refrattari alla cultura, di rivolgersi ad un bravo psicoterapeuta e ad un oncologo per guarire (se possibile) dal cancro dell’antisemitismo che oggi si manifesta nel “più politicamente corretto” antisionismo: si tratta di due facce della stessa medaglia.
Accostare le sofferenze del popolo palestinese, vittima principalmente della loro dirigenza, a quelle patite dal popolo ebraico durante le persecuzioni nazi-fasciste non è solo un “orrore” storico ma una pericolosa e subdola manipolazione in senso antisemita.
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